Cina, l’industria cinematografica fallisce il sorpasso sugli Usa. E nel mirino finiscono le cattive recensioni: “Irresponsabili” di China Files dal FattoQuotidiano.it
L'occhiello rincara la dose e spiega «i commentatori saranno tenuti a “dire la verità”, a “rispettare il diritto di ogni spettatore ad apprezzare o meno un film”».
E noi “ridiamo” sulla censura cinese perché ci è evidente che le opinioni sulle pellicole sono, appunto, solo opinioni personali e non è quindi possibile identificare quale sia la “verità” da difendere. Fa sorridere poi l'idea, espressa nel secondo virgolettato, che lo spettatore cinese sia così ingenuo da lasciarsi passivamente persuadere dalle recensioni negative a non vedere una certa pellicola e che quindi ricada sui critici la responsabilità, anzi l'assurdo, di non influenzare i propri lettori.
Ma davvero abbiamo da ridere oppure questo articolo dovrebbe essere uno spunto per riflettere meglio sulla situazione italiana?
La caccia alle bufale (v. Dolceamaro e il corto Antibufale o censura) proposta in Italia è così diversa?
Anche qui abbiamo uno Stato paternalistico preoccupato che i propri ingenui cittadini non vengano raggirati da notizie false e contemporaneamente, questo stesso Stato, non teme possibili abusi che sfocino in censura.
Chi decide infatti se una bufala è tale? Dite che è facile ed evidente?
La definizione di bufala della Treccani.it non è poi così univoca: "bufala = Svista, errore madornale; affermazione falsa, inverosimile; panzana". Quindi chi decide se una notizia o un articolo è inverosimile, falso o una panzana? Il confine è molto labile: usando questa definizione dovrei considerare molte delle affermazioni del duo Renzi-Boschi come delle bufale!
E un'idea particolarmente innovativa e poco conosciuta non potrebbe essere considerata erroneamente una bufala? Per non parlare poi dei possibili abusi là dove opinioni semplicemente sgradite potrebbe essere segnalate come "bufale".
Non sarebbe stato quindi meglio, più saggio, lungimirante e sicuro, invece di prendere provvedimenti potenzialmente pericolosi per la libertà d'opinione, cercare invece di promuovere l'informazione corretta?
Perché, ad esempio, non obbligare almeno la RAI, pagata da tutti, a dare voce a tutte le parti?
L'articolo Referendum Riforme, la Rai dà 7 ore per spiegare le ragioni del “Sì”. Al “No” le briciole, basato su dati AGCOM, mostra chiaramente come il servizio pubblico sia tutt'altro che equo. E questo è solo il primo esempio che ho trovato: non si tratta di un'eccezione ma della regola.
Il motivo di questa scelta, altrimenti difficilmente comprensibile, è l'ipocrisia. Ci sono bufale e bufale: quelle di Stato non si toccano perché è “lecito” influenzare surrettiziamente i cittadini se a farlo è il potere costituito.
Conclusione: non siamo ai livelli di censura della Cina ma la direzione che stiamo prendendo è sbagliata perché va in direzione opposta a quella della libertà e della giustizia.
venerdì 20 gennaio 2017
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