Amici, parenti e conoscenti sempre più spesso mi chiedono di scrivere su questo o quello (vedi, ad esempio, Furbi e bischeri; oppure oggi che mi hanno commissionato un pezzo sul nuovo “non statuto” del M5S...). Recentemente molta curiosità hanno destato i commenti di una delle mie numerose (1) seguaci fanatiche: vedi i commenti a Utero isterico di Ulrike...
Privatamente tutti mi chiedono chi sia questa Ulrike e come stia andando questa storia d'amore: ho quindi deciso di mettere fine ai pettegolezzi sempre più insistenti e di raccontare la veRità con la R maiuscola.
Inizialmente, quando ho letto il nome “Ulrike”, ho subito pensato alla playmate del 2014 Ulrike Frank (v. Sexy: "GZSZ"-Star Ulrike Frank nackt im "Playboy"), insomma alla tipica ragazza normale tedesca che per caso si imbatte nel mio viario e, grazie alla magia di Google Translate, ne rimanene inevitabilmente affascinata...
Ma la mia Ulrike non era, sigh..., Ulrike Frank ma, più semplicemente, la solita super top model: però lo sapete, io sono di bocca buona e scarsa capigliatura, e quindi mi accontento...
Abbiamo così iniziato l'usuale fitta corrispondenza di epistole (che vi risparmio) e, progressivamente, siamo arrivati a scambiarci delle foto. Ad esempio lei mi ha mandato, probabilmente pensando che fossi un feticista, la foto delle sue scarpe: solita roba da modella, ciabatte, tacchi, zoccoli del dottor Scholl, rosa con glitter modello Barbie... che però, per motivi di riservatezza, non posso pubblicare.
Allora io, che non volevo essere da meno, ma possedendo solo scarpe da ginnastica sudice e vecchie, ho pensato di mandarle, direttamente dal mio armadio, la seguente foto:
Poi però ci ho ripensato e ho deciso di usare la psicologia a mio vantaggio: tenendo presente che le donne vedono simbolici fallici dappertutto, mi sono reso conto che avrei impressionato maggiormente la mia seguace ruotando un po' l'immagine. Così le ho poi spedito la seguente:
Poi da cosa nasce cosa e siamo passati alle telefonate. Difficile descrivere a parole una voce (immaginatevi però la tipica voce roca, calda ed erotica, di una top model tabagista e col catarro) però il suo dolce accento, così diverso dal toscano, mi è rimasto impresso: ricordava il gutturale oscuro linguaggio di Mordor. Curiosamente quando l'ascoltavo in viva voce la luce si attenuava, come se un ombra scura velasse il sole, gli uccellini smettevano di cinguettare e anche Internet mi rallentava parecchio...
Insomma, inutile riportare tutti i dettagli che potete facilmente immaginare, ma è nata una bella storia e ci siamo innamorati. Eppure...
Così come anche il proverbiale amore fra conigli non dura per sempre, pure il nostro amore è giunto improvvisamente al termine.
Tutto è iniziato con quella che, nella mente di Ulrike, doveva essere una buona notizia: un giorno mi ha annunziato che era in attesa del frutto del nostro amore.
Io inizialmente ero entusiasta perché pensavo che mi avesse ordinato in rete una nuova chitarra (che altro avreste pensato voi al mio posto?) e mi pare quindi normale che, una volta capito di cosa si trattasse realmente, fossi rimasto deluso, no?
Incomprensibilmente Ulrike si è invece risentita per la mia normalissima quanto palpabile delusione. Comunque alla fine mi stavo abituando all'idea di un figlio (sì, proprio uno schifoso bambino frignante anche se fino all'ultimo avevo sperato che il frutto in questione fosse una semplice pesca o biblica mela e, più tardi, un melone e infine un cocomero) e a tutte le drammatiche possibilità che mi si aprivano.
Incidentalmente, se anche a voi hanno raccontato una storia tipo che i bambini nascono quando le api si posano sui fiori e poi si nascondono sotto i cavoli finché non arriva la cicogna a mangiarle, non fate il mio stesso errore: un insetticida contro le vespe spruzzato sulla verga del piacere, anche se frizza, non è un buon anticoncezionale.
Ma proprio quando il nostro amore sembrava aver imboccato il tradizionale sentiero famigliare (due cuori, una capanna, padre, madre, bue, asinello e mangiatoia) ecco che i contrasti ideologici si sono fatti duri.
Mi ero reso conto che Ulrike dava un'interpretazione anagogica a ogni mia parola: in pratica non l'interpretava letteralmente (come avrebbe dovuto) ma cercava di leggervi realtà intellegibili e future assolutamente inesistenti. In pratica mi metteva continuamente in bocca cosa che non avevo detto. Secondo un mio amico esperto di mogli ciò è cosa comune, sebbene deplorevole, nelle donne.
Ma il nostro contrasto più serio era il seguente: Ulrike riteneva che il bambino, essendo generato da entrambi, dovesse avere un doppio cognome. Io però cercavo di spiegarle che era giusto che avesse solo quello paterno. Lei insisteva che, pur nell'unione, le due nature del bambino erano rimaste inalterate e distinte e ripudiava il concetto di “unione ipostatica” preferendo invece quello di “congiunzione” perché evita ogni possibile confusione e mescolanza fra le due essenze. Io, ovviamente, ero convinto che non fosse possibile ammettere alcuna divisione e cercavo di ricondurla sulla retta via ma lei, con malevola pervicacia, insisteva nella sua blasfema separazione del bimbo in due persone distinte e si era addirittura decisa ad adire alle vie legali.
Io ho tentato così un'estrema mediazione: ci siamo rivolti a un consulente matrimoniale. A dire il vero non sono ben sicuro della preparazione del tizio visto che non sembrava il tipico laureato: anzi, non so neppure se fosse uno psicologo o uno stregone ciarlatano!
Poi dopo un paio di sedute, visto che sgozzava con un morso le galline e che soleva lanciare delle ossa di pollo per trarne i suoi auspici, ho capito che effettivamente doveva essere uno psicologo.
Comunque nonostante le pozioni e le nostre bamboline (che lo psicologo accoppiava insieme in diverse posizioni) anche il suo aiuto si è rivelato inane di fronte alla stolta e malvagia caparbietà (e non lo dico con rancore) di Ulrike.
Un giorno lei è sparita con Bisba e il seguente mi è arrivata una lettera del suo avvocato. Io le ho risposto con un anatematismo in cui l'incitavo a rinunciare alla sue proposizioni eretiche scrivendole (riassumo):
«Carissima ex amata Ulrike,
Se alcuno dicesse:
1. che il nostro bambino ha due nature (cognome materno e paterno)
2. che non riconosce in lui le tre ipostasi e l'unica natura (cognome paterno)
…
94. che il bimbo ha natura solo simile a quella del padre (io)
95. che si ritiene madre del bimbo e che non lo ha solo ricevuto dal padre (io)
Allora sia anatema.
Con sincero affetto,
KGB»
Alla fine siamo dovuti passare per due processi per direttissima, uno detto di Efeso (perché tenutosi a Bologna) e il secondo di Calcedonia (perché mi ha dovuto restituire l'anello di fidanzamento con un'agata incastonata), che ovviamente mi hanno dato ragione. Poiché lei era colpevole si è fortunatamente dovuta prendere il bambino frignante e restituirmi la povera Bisbetta, tutta traumatizzata dalla triste esperienza.
Nei mesi successivi ci siamo persi di vista: lei è tornata nel suo mondo delle riviste patinate, foto, tacchi a spillo e tanta Coca Cola. Invece io, per prudenza, ho cambiato numero telefonico. Devo però raccontare, anche se mi dispiace ma per amore della verità devo farlo, che di tanto in tanto mi arrivano delle email in cui si legge solo silenzio e dell'ansimare. Ovviamente non posso esserne sicuro ma mi sembra proprio che sia Ulrike...
Conclusione: Permettetemi una banalità: l'aspetto più triste della vicenda è che quando i genitori si lasciano male, come abbiamo fatto io e Ulrike, sono poi i figli che soffrono in croce.
L'esempio di Benjamin Franklin
8 ore fa
Ahahahah!
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