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mercoledì 14 luglio 2021

Eco di ricordi

“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli.”

Umberto Eco, nel 2016, parlando ai giornalisti durante la cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media. Collegamento QUI

Che ne pensate?
Ho trovato questa frase citata su uno dei ghiribizzi di cui ho accennato tempo fa (v. Varie va...) e che seguo.
Il bloggatore in questione è un appassionato di Eco (lo so perché in degli articoli che ha scritto elenca i libri che ha letto) ma io invece sono rimasto interdetto da questa frase.

Sul momento è facile dargli ragione e, contemporaneamente, è difficile individuare l’origine del disagio che mi provoca. Il problema è che Eco evidenzia un singolo limite negativo delle reti sociali e lo amplifica esageratamente. In particolare: 1. l’imbecille sulle reti sociali non danneggia la società; 2. è fuorviante paragonarlo a un ubriaco; 3. è fuorviante compararlo a un premio Nobel.

L’altra faccia della medaglia è che le reti sociali, ma probabilmente sarebbe più corretto intendere tutti i mezzi espressivi forniti dalla Rete (e quindi anche siti personali e forum), danno la possibilità a tutti, quindi anche a chi avvinazzato non è, di comunicare a un pubblico potenzialmente molto vasto la propria opinione.

Secondo me già mettendo sulla bilancia solo questo pregio si compensa più che abbondantemente il difetto descritto da Eco che, del resto, è molto meno grave di quanto venga dipinto.

Le cazza## totali hanno infatti davvero tutta questa visibilità? A me non pare…
Sì, chiaramente ci possono essere, ma se non hanno un qualche merito (una mezza verità, un motto di spirito, uno sfogo sentito sincero) non si propagano.

Al contrario la sentenza di Eco ha un gravissimo difetto: si presta a giustificare la censura in Rete. Moralmente afferma che è ingiusto che una persona comune abbia la libertà di esprimere il proprio pensiero come un premio Nobel; socialmente afferma che eventuali sciocchezze possono addirittura danneggiare la società.
Ecco quindi due ottime basi per giustificare la censura delle bufale vere e, spesso, solo presunte.

Ma Eco ha torto: non è la potenziale diffusione delle idee stupide a essere pericolosa ma lo è invece quella delle idee intelligenti. Sembra una contraddizione ma lasciatemi spiegare.

L’idea stupida non è un pericolo per le persone normali e/o intelligenti perché questi la riconoscono facilmente come tale.
Al massimo è un pericolo per altri stupidi che, magari, potrebbero anche metterla in atto: ma qui si ha una sorta di selezione naturale: gli stupidi che adottano un’idea stupida se ne accorgeranno a proprie spese e allora, dopo essersi "scottati" con essa, la riconosceranno per ciò che è.
L’idea intelligente invece è più pericolosa, vediamo perché analizzando due casi separatamente.
1. L’idea intelligente può essere comunque sbagliata: in questo caso però le persone normali e stupide non se ne renderanno conto e, forse, anche molte persone intelligenti, che non vi prestano sufficiente attenzione o che magari si fidano del suo autore, potrebbero non accorgersene.
L’idea intelligente ma sbagliata può quindi potenzialmente venire applicata da molte più persone della stupidaggine con esiti di conseguenza decisamente più gravi.
Il consulente finanziario che con ottime e intelligenti argomentazioni convinse i propri clienti a investire in obbligazioni argentine fece più danni del “principe” nigeriano che chiedeva 1000€ promettendo di darne in cambio 10.000€…
2. L’idea intelligente può essere corretta e in questo caso, se si tratta di una considerazione sociale e politica, probabilmente denuncia o spiega un’ingiustizia nascosta: in tal caso l’idea intelligente è pericolosa! Non per le persone comuni ma per gli interessi dei poteri che si avvantaggiano dell’ingiustizia.
Dire che “Jeff Bezos, il capo di Amazon, è il più grande criminale del XXI secolo perché ha rubato al resto dell’umanità almeno 200 miliardi di dollari” è un’idea intelligente e corretta ma pericolosa per Bezos e tutto il complesso di poteri politici e non che gli hanno permesso e gli permettono di accumulare la sua fortuna.

Quindi semmai la questione è se le idee intelligenti e utili siano più vantaggiose di quelle intelligenti ma dannose.
Io credo di sì, cioè che comunque valga la pena dare la possibilità a tutti di esprimersi: anche perché poi la situazione non è così netta come io l’ho semplificata: anche un’idea intelligente “sbagliata” non lo sarà mai integralmente e, comunque, nonostante l’errore, è probabile che porti con sé anche un progresso per chi la sperimenta: il tipico “sbagliando si impara” può essere perfezionato in “sbagliando in maniera intelligente si impara parecchio”…

Mi pare evidente che la frase di Eco appartenga alla tipologia delle idee intelligenti ma pericolose perché sbagliate. Questo suggerisce che i premi Nobel, ammesso che esprimano sempre idee intelligenti, potrebbero comunque partorire idee errate.
Insomma la divisione, che di per sé non mi piace per motivi etici, fra super intelligenti e persone comuni, perché alla fine di queste si tratta, considerate spregiativamente come imbecilli non sarebbe forse neppure troppo proficua da un punto di vista esclusivamente utilitaristico.

Concludo con un “aneddoto” su Eco. Personalmente da bambino lessi “Il nome della rosa” quando uscì nel 1980 (forse qualche anno dopo ma non troppi) e mi piacque moltissimo. Poi (anni dopo) lessi un trafiletto (all’epoca leggevo il quotidiano “La Nazione” comprato da mio padre) in cui uno scrittore greco (mi sembra) accusava Eco di aver plagiato un suo libro per l’idea del mistero. Al momento misi questa notizia nella ghiacciaia della mia memoria ma quando poi nel 1988 uscì “Il pendolo di Foucault”, completamente illeggibile, mi convinsi che doveva esserci del vero nelle accuse del greco. Da allora maturai una notevole antipatia per Eco.
Anche mio zio Gip (v. Ricordo zio Gip) dichiarava di non sopportare Eco così, quando mi accorsi che possedeva molti suoi libri, glielo feci notare. Lo zio mi rispose: “è vero che mi sta antipatico ma indiscutibilmente nel suo campo è un esperto e i suoi saggi sono di estremo valore”. La controprova delle parole dello zio sta nel fatto che non possedeva, e si era sempre rifiutato di leggere, “Il nome della rosa”!

Conclusione: vabbè, alla prossima occasione vedrò di leggere un saggio di Eco: dubito possa esserci niente di più pesante di Hobbes…

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