Un altro libro che ho finito di leggere pochi giorni fa è Le notti rivoluzionarie di Restif de la Bretonne (RdlB), Ed. SE, 1989, a cura di Giacinto Spagnoletti.
Si tratta di uno dei libri presentati da mio zio nel video pubblicato in Il Fattaccio (3/4) al quale rimando per una divertente introduzione dell'autore Restif de la Bretonne (RdlB).
Le notti rivoluzionarie a cui fa riferimento il titolo sono quelle della rivoluzione francese e coprono un arco di circa quattro anni, dal 1789 al 1793.
Premetto che da un punto di vista storico io so poco o niente della rivoluzione francese: i miei interessi storici sono infatti estremamente limitati e, a parte qualche eccezione, concentrati sugli ultimi secoli dell'impero romano fino al crollo della parte occidentale.
Questa mia mancanza non mi permette di inquadrare gli eventi descritti da RdlB nel loro contesto storico più ampio né di comprendere i numerosi riferimenti a eventi famosi o al funzionamento delle varie istituzioni rivoluzionarie citate.
RdlB si definisce uno scrittore mentre mio zio lo riassume come un ubriacone squattrinato: la verità sta un po' nel mezzo. L'autore mi è parso uno storico un po' sui generis, che riporta quello che vede sovrapponendoci le proprie vicessitudini personali (di cui non scriverò) e tralasciando sistematicamente il quadro generale. Ma forse, proprio per questo, la sua opera ha un particolare valore: mancando la volontà di interpretare e di spiegare la logica degli eventi, riesce a rendere con immediatezza i fatti di cui è testimone senza distorcerli con un filtro storico/ideologico.
Sì, perché RdlB gira per Parigi in quegli anni convulsi, attento a cogliere gli umori del popolo e imbattendosi spesso in piccoli intrighi fughe e inseguimenti (per non parlare delle rivolte e delle uccisioni) che rendono bene la violenta caoticità di quegli anni.
RdlB scrive le sue cronache nel corso del tempo e io ho individuato almeno tre diversi periodi temporali che corrispondono ad altrettanti fasi della vita dell'autore.
Nella prima RdlB, già in precedenza contrario agli eccessi dell'ancien régime, nutre grandi speranze nella rivoluzione ed è evidente che si auguri che si giunga a una riconciliazione nazionale, che veda sempre il re Luigi alla guida e simbolo incarnato della nazione. RdlB è insomma un moderato, dotato di buon senso, che rifugge gli estremi reazionari come pure gli eccessi dei giacobini.
Nella seconda fase, scritta quando ormai il re è stato giustiziato, RdlB diviene più prudente, e pur mantenendo la propria onestà intellettuale, pesa con grande attenzione le proprie parole. Il re non è più esaltato come l'anima della nazione ma è rappresentato come un uomo fuorviato da cattivi consiglieri, talvolta non abbastanza fermo nelle proprie decisioni, ma che tuttavia anche sul patibolo mantiene la sua dignità.
È di questo periodo un curioso ragionamento di RdlB: secondo l'autore la maggioranza, come massima espressione del popolo e della nazione, non ha soltanto il diritto di prendere qualsiasi decisione ma anche la facoltà di rendere qualcosa giusto o ingiusto. Cioè, se la maggioranza ritiene moralmente giusto giustiziare i preti, allora anche per RdlB ciò diviene giusto. In pratica è la maniera con cui l'autore si autoconvince della correttezza morale della propria passività di fronte a fatti che nel profondo del suo cuore non condivide ma, anzi, aborrisce.
La terza fase è invece brevissima e comprende solo pochi capitoli: più o meno coincide con la presa del potere da parte di Robespierre. È evidente che l'autore è adesso terrorizzato ed esplicitamente si dissocia da quanto scritto in precedenza spiegando che quelle descritte non erano le sue opinioni ma gli umori del popolo che lui riportava come percepiva; aggiunge poi una professione di fede nella bontà e necessità della rivoluzione in un apposito capitoletto e, comunque, continua a riaffermarla in ogni paragrafo dei pochi capitoli successivi.
Spero (non ho verificato su Wikipedia...) che l'autore non sia stato giustiziato e che, semplicemente, abbia cessato di scrivere perché troppo rischioso per la propria incolumità...
Le analisi e i commenti sui fatti di RdlB sono curiosi: da una parte è un acuto osservatore capace di intendere bene gli individui, dall'altra però ha una visione ingenua e superficiale degli avvenimenti politici.
Un paio di esempi: nella parte centrale si lamenta della scelta del re riguardo i suoi avvocati difensori. In particolare afferma con convinzione che il vecchio avvocato Malesherbes avrebbe potuto salvare il re vent'anni prima: a me è invece chiaro che la condanna del re fosse stata già scritta con l'inizio del processo vero e proprio. Nessuna difesa avrebbe potuto salvarlo perché, per quanto debole e inetto, era un simbolo troppo ingombrante del passato potere aristocratico.
Oppure alla morte di Marat l'autore prende per buona la dubbia confessione della giovane assassina Marie-Anne-Charlotte che in realtà non spiega niente: la mia forte sensazione è che avrebbe potuto trattarsi di un omicidio su commissione, magari qualcuno che vedeva Marat come un rivoluzionario troppo moderato; al riguardo non bisogna dimenticare che i suoi nemici lo avevano messo pochi mesi prima in stato di accusa costringendo Marat a comparire davanti al tribunale rivoluzionario: il processo, come scrive RdlB, si trasformò in un trionfo «[Marat] andò a sedersi dove gli piacque; fu lui a interrogare i giudici. Tutto quello che fece fu ben fatto; tutto quello che disse fu ben detto. … … Si discolpò; fu insignito di una corona civica. Quando uscì dal tribunale fu portato in trionfo come Mardocheo, e per poco i suoi accusatori non subirono la sorte di Aman...».
Questo mi fa pensare che i suoi accusatori (mi chiedo se fosse la fazione di Robespierre...), fallito l'omicidio giudiziario, passarono poi a commissionarne uno vero e proprio...
Eppure, questo che a me pare un legittimo e quasi automatico sospetto, non sembra turbare minimamente RdlB (*1): ma può darsi che già allora temesse di esporsi troppo esponendo i propri dubbi...
Eppure a parte questa apparente superficialità, che magari può essere spiegata come prudenza, RdlB è anche capace di grandi intuizioni: durante il processo al re RdlB, che è andato ad assistervi, si distrae e immagina cosa, dopo duecento anni, i posteri avrebbero pensato della rivoluzione francese. Il paragrafo è troppo lungo per riproporlo integralmente ma una frase è particolarmente significativa: «Mi sembrava che alcuni ci rimproverassero d'esser privi d'umanità, altri, estremisti come ce ne sono oggi, ci approvavano.» Nel sostanziale equilibrio morale che risulta da queste opinioni contrastanti io vi vedo la capacità dell'autore di liberarsi del fardello dato dal fattore “epoca” (v. Epoca e Corollario a epoca). Questo gli permette di vedere le vicende che sta vivendo nella giusta prospettiva: come qualcosa né di perfetto né di completamente sbagliato; non come qualcosa di unico ma come un qualcosa che, in forme diverse, è destinato a ripetersi perché tale è la natura umana. Altri periodi del paragrafo rafforzano questo concetto.
A me questo pare uno straordinario esempio di lucidità e obiettività.
Fino ad adesso ho scritto più di RdlB che della rivoluzione francese in sé. In parte, come ho già spiegato, il motivo è dato dalla mia scarsa (quasi nulla) conoscenza della stessa e in parte dallo stile dell'autore che dà per scontati e noti un gran numero di eventi così come dello scopo e funzionamento delle istituzioni citate.
Eppure, nonostante queste difficoltà, si arriva comunque a comprendere qualcosa di molto importante sulla rivoluzione francese.
Dovendo descriverla con una parola la definirei con “caotica”. RdlB si trova nel bel mezzo di un tornado di eventi e la sua prospettiva, dall'interno del ciclone con tutto che ruota intorno a velocità pazzesca, è comprensibilmente confusa: in un capitolo può capitare che si concentri sul suo personale intervento nello sventare il saccheggio di una farmacia piuttosto che nel riferire altri eventi di portata nazionale; come spiegato la sua cronaca si fonde con un diario personale.
Ma se questa confusione era la condizione di RdlB, uomo evidentemente di cultura e intelligenza superiore alla media, cosa avrà compreso il popolo di ciò che accadeva?
Leggendo le descrizioni e i dialoghi di RdlB si comprende che gli unici concetti del tipico cittadino francese erano essenzialmente: 1. Basta all'Ancien régime corrotto; 2. potere al popolo
In base a questi principi vaghi e superficiali il popolo veniva agitato e sollevato di volta in volta per giustificare e rendere possibili le azioni più cruente, le esecuzioni sommarie, le rivolte contro questo o quello.
In altre parole il popolo era consapevole poco o nulla (certamente non più di RdlB) di ciò che accadeva e veniva usato e manipolato dalle fasce più estreme dei rivoluzionari (Es. al grido di “i farmacisti godono di privilegi come i nobili dell'ancien régime!” si poteva sollevare un'ondata di saccheggi contro le farmacie...).
Insomma la rivoluzione francese, almeno nel popolo, non fu una rivoluzione idealistica ma ebbe una base di rancore e invidia che sfociava in vendetta selvaggia: intendo dire che i principi più alti non erano compresi dall'uomo comune che agiva quindi non per cognizione di causa ma perché eccitato alla violenza.
La conclusione è che di rivoluzioni francesi ne esistono due.
Quella vera, brutale, governata dal caso e nella quale il rancore accumulato dal popolo, che non comprendeva ciò che accadeva, fu sfruttato per giustificare e raggiungere ben precisi obiettivi politici.
E poi c'è quella mitizzata, i cui ideali di libertà, fraternità e uguaglianza, con diverse declinazioni e accenti diversi, sono alla base delle democrazie del mondo occidentale. Ma paradossalmente nella vera rivoluzione francese non ci fu né legalità, né fraternità né uguaglianza. Questi furono valori ripetuti e urlati dal popolo e per il popolo ma raramente applicati...
Questo doppio volto della rivoluzione è certamente l'elemento più importante che emerge dalla lettura dell'opera di RdlB ma non è il solo...
Un altro aspetto della rivoluzione francese che mi ha stupito è il ruolo delle donne: pensavo che la loro parte nella rivoluzione francese fosse stata esagerata e/o mitizzata ma invece RdlB riporta numerosi episodi che le vedono come protagoniste. Sembra anzi che queste fossero particolarmente fanatiche e molto abili nell'aizzare gli uomini alla violenza. Non la definirei una rivoluzione delle donne ma sicuramente queste sono state usate massicciamente per legittimarla anche grazie alle loro grida.
Di nuovo ho poi trovato conferma, nonché valore generale, uno dei miei proverbi scacchistici preferiti: “La minaccia è più forte della sua esecuzione”.
Leggendo la cronaca di RdlB si ha la sensazione di una prima fase in cui le forze reazionarie e quelle democratiche (*2) sono in equilibrio apparente: questa fase porta alla stesura di una nuova costituzione dove il re non è più il monarca assoluto ma ha comunque potere di veto sulle decisioni del parlamento (*3). Si era raggiunto una sorta di compromesso perché evidentemente, le parti in lotta, pensavano di non poter ottenere di più. Evidentemente le forze più rivoluzionarie temevano quelle dei reazionari e vice versa.
Poi il re tira troppo la corda e l'equilibrio si rompe: il re viene giustiziato e le forze reazionarie mostrano le loro carte che, sfortunatamente per loro, si rivelano poco più di un bluff: il tradimento di qualche alto ufficiale e l'insurrezione di un paio di città.
Ed ecco che quando la minaccia si è concretizzata, e la sua forza deterrente è svanita, si scatena la reazione dell'avversario non più frenata da alcun timore: la repressione è spietata e la Francia inizia a vivere gli anni del terrore.
Conclusione: un libro interessantissimo del quale non si può non consigliarne la lettura! Magari evitando però di leggerlo, come ho fatto io, senza una minima infarinatura degli eventi storici della rivoluzione francese...
E ora mi leggo molto volentieri la pagina di Wikipedia su RdlB e sulla rivoluzione francese!
Nota (*1): beh, finito di scrivere questo pezzo ho voluto leggermi la pagina di Wikipedia su Marat e la rivoluzione francese. Non ho trovato neppure un accenno al dubbio che Charlotte Corday potesse essere stata istigata a commettere l'omicidio: che sia io troppo sospettoso? Forse...
Ma dal mio punto di vista andrebbe dimostrato che la ragazza agì da sola e non il contrario: è infatti il secondo caso a sembrarmi il più probabile!
Nota (*2): forze “reazionarie” e “democratiche” non sono certo i termini corretti ma, come ho premesso, non conosco questo periodo storico e il mio unico scopo è quello di farmi capire e non di essere preciso e corretto nei termini usati...
Nota (*3): come ho scritto non conosco questo periodo storico: questa è la mia interpretazione degli accenni di FdlB. Quindi magari non è “Parlmento” ma la “Comune”, etc... Il fatto essenziale è che il re non ha più il potere assoluto ma ha comunque ancora grande importanza. Evidentemente il suo nuovo ruolo politico è frutto di un accordo, per quanto precario, fra le parti...
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