Ieri sono passato a trovare il prototipo dei miei lettori: l'ingegnere chitarrista.
Non l'ho scritto (*1) ma ho avuto un problema con un disco rigido e l'amico ingegnere chitarrista mi ha prestato un interfaccia SATA → USB per testarlo.
Poi, già che c'ero, ho preso l'occasione per fare un piccolo ordine su Amazon approfittando della sua consulenza tecnica.
Ho notato però una diversità di fondo nelle nostre valutazioni e, in particolare, il suo modo di pensare mi ricorda il mio di una decina di anni fa. Per questo motivo devo stare molto attento a rimanere obiettivo perché le sue argomentazioni hanno molta presa su di me...
In pratica il mio ingegnere chitarrista pone grande enfasi sulla qualità intrinseca di un oggetto fiducioso che, prima o poi, saremo in grado di apprezzarla o lo strumento avrà vita più lunga o simili. Inoltre, nel lungo tempo, la qualità è più conveniente perché ci evita di dover ricomprare una nuova versione di un oggetto scadente od ormai inadeguato alle nostre esigenze.
Tipicamente questo suo modo si vedere traspare chiaramente nei prodotti musicali, informatici ed elettronici.
Le mie obiezioni sono due. La prima, più superficiale, è che la qualità spesso finisce per confondersi col marchio diventando così marketing: cioè compro un oggetto “di marca” pagandolo il 20% in più di un altro senza sapere che, al di là dell'apparenza e del nome, sono entrambi fatti nello stesso stabilimento in Cina. Certo, documentandosi bene, questo è un rischio evitabile ma che bisogna comunque tenere presente.
L'altra obiezione è più profonda e direi filosofica. Nelle argomentazioni del mio amico ingegnere chitarrista è fortemente presente, anzi determinante, il fattore tempo. Si dà per scontato che l'acquirente abbia abbastanza tempo per profittare sia della maggiore durata temporale che della possibilità di imparare ad apprezzare la qualità del prodotto migliore.
Ebbene questa disponibilità di tempo è qualcosa che anch'io davo per scontato almeno fino a una decina di anni fa: se avevo bisogno di 30 non mi accontentavo di un 35-40 ma preferivo andare su un 60 prevedendo così sufficiente spazio per una eventuale crescita futura...
Già da tempo però non è più così: già nel 2010, nel brevissimo Cassetto in cassettone, esplicitavo questa sensazione: mettevo da parte dei vecchi libri senza la sicurezza (fino ad allora sempre avuta) che un giorno li avrei riguardati. La stessa sensazione la ho forte quando vado da qualche parte e mi chiedo se avrò modo di ritornarci oppure, banalmente, se rivedrò una certa persona.
Per questo il sapere che un prodotto di qualità durerà molto più di un altro più scadente non ha più per me la forte presa che avrebbe avuto qualche anno fa: fra due ipotetici prodotti di cui il secondo costa il doppio ma dura il triplo (diciamo 15 anni invece che 5) io adesso prenderei quello che costa meno mentre invece, suppongo, il mio amico opterebbe per il secondo.
Analogamente non vedo più in me la possibilità di un progresso indefinito, ad esempio con la chitarra: ho forti dubbi che, nonostante il mio impegno, sarei in grado di apprezzare pienamente, ad esempio, un amplificatore di alta fascia o una chitarra da 5.000€ piuttosto che una da 1.000€...
Per questo adesso compro solo ciò che mi pare adeguato alle mie esigenze attuali pur consapevole della possibilità di dover ripetere un acquisto più volte...
Conclusione: è l'età o pessimismo soggettivo? Non lo so... Dovrei chiedere in giro: non è un argomento di cui capita spesso di parlare!
Nota (*1): in realtà avevo iniziato a scriverci un pezzo che volevo rendere divertente ma a metà mi sono reso conto che era solo noioso e così ho lasciato perdere...
lunedì 20 aprile 2015
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