Ieri ho passato alcune ore in una scuola o, più probabilmente, un centro sociale.
Non è però questo l'importante!
Dovendo aspettare per una mezz'ora, ho girovagato per i corridoi e mi sono divertito a cercare errori ortografici sui vari manifesti appesi alle pareti: si trattava di informazioni di vario genere tutte più o meno relative a bimbi e/o ragazzi.
Alla fine mi sono imbattuto in dei manifesti, realizzati a mano con foto e scritte colorate, dove erano riportate delle affermazioni fatte da ragazzini e ragazzine (credo delle medie) sull'altro sesso: cose del tipo “perché sei contento/a di non essere maschio/femmina”, “perché sei contento/a di essere maschio/femmina”, “perché ti piacerebbe essere maschio/femmina” e cose del genere...
Alcune risposte erano divertenti ma la maggior parte semplicemente banale.
Ma non è nemmeno questo l'importante!
Quello di cui voglio scrivere è invece la strana sensazione che ho provato vedendo le foto dei ragazzini impegnati in questo “gioco sociale”.
Temo che non sarò in grado di spiegarmi adeguatamente ma voglio comunque provarci: mi sono immaginato a quella età, inserito in un esperimento analogo e ho pensato a come mi sarebbe sembrato. L'avrei trovato ridicolo, sciocco, inutile, noioso: una vera perdita di tempo. Se fossi stato costretto a parteciparvi sarei stato totalmente recalcitrante; probabilmente avrei fatto dell'ostruzionismo passivo fornendo risposte iper banali e di due, massimo tre parole; o magari avrei cercato di far cadere l'istruttore in una sottile contraddizione...
In realtà avrei colto solo l'obiettivo parziale di tale esercizio: esprimere la propria opinione per arrivare alla conclusione che essere maschi o femmine ha pro e contro e da queste valutazione inferire una certa strana uguaglianza dei generi. Questo mi sarebbe apparso evidente immediatamente e l'idea di perdere ore per arrivare a una tale ovvietà mi avrebbe irritato moltissimo.
Mi sarebbe sfuggito quello che forse è il vero obiettivo primario di un esercizio di tale genere: la capacità di confrontarsi con gli altri, proporre, spiegare e difendere le proprie idee, saper ascoltare gli altri... Per ottenere da me un qualcosa di questo genere avrei avuto bisogno di un argomento molto più stimolante tipo: chi ha ragione fra israeliani e palestinesi, oppure un dilemma morale non banale...
Ecco, non avrei compreso l'aspetto sociale dell'esercizio. Del parlare tanto per farlo, considerando inutile tutta la discussione...
Ma non è neppure questo l'importante!
Ecco, finalmente, nel presente ho compreso la mia alienità dai miei simili, particolarmente evidente rispetto ai miei coetanei durante l'infanzia.
Non certo nell'aspetto esteriore ma interiormente: questa diversità era talmente grande da praticamente annullare le mie capacità sociali. Ero il bambino che si trovava molto a suo agio con gli adulti.
Questo ho compreso ieri girovagando per anonimi corridoi...
Interessante anche un corollario che si ricava da questa esperienza: ciò che ci è usuale ci appare normale...
E adesso? Beh, dovrei valutarmi attentamente...
Direi che in genere le mie abilità sociali sono rimaste più limitate del normale. Si nota poco perché riesco a interagire molto bene in certi contesti ben chiari e definiti dove i ruoli sono certi. Altri tipi di situazioni, magari molto meno frequenti, mi colgono di sorpresa e mi spiazzano facilmente.
Sicuramente sono molto asociale: specie se stanco o stressato perdo la volontà di interagire con gli altri e mi chiudo in me stesso...
Conclusione: sicuramente dovrò tornare su questo argomento...
Il ritorno del gladiatore
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