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martedì 1 ottobre 2024

Commento rapido sull’invasione terrestre del Libano

Ancora le informazioni sono troppo vaghe per discutere non solo gli aspetti militari ma anche le conseguenze politiche: mi limiterò quindi a qualche commento secondario ripromettendomi di tornare, magari anche in giornata, sull’argomento.

Personalmente mi ha colpito la figura imbarazzante di Washington: fino a ieri chiedeva/minacciava l’Iran di non rispondere ai bombardamenti e all’attacco con i cercapersona esplosivi; contemporaneamente chiedeva a Israele di non invadere via terra il Libano.
Un mediatore, per quanto di parte e non affidabile, deve pur offrire qualcosa a entrambe le parti in causa. Ma Israele, come spiegato, non è interessato a nessuna mediazione e, anzi, vuole l’intervento dell’Iran per trascinare nel conflitto gli USA.
Adesso, a invasione in corso, la nuova posizione di Washington è: chiede/minaccia l’Iran dal reagire e, contemporaneamente, si prende il merito che l’invasione sia limitata alle zone di confine e non in profondità.

Gli USA però non vogliono la guerra con l’Iran perché, soprattutto in questo momento, è contro i loro interessi. Sfortunatamente l’influenza delle lobbi sioniste è tale che la loro volontà è più forte del buon senso e dell’interesse per i cittadini statunitensi. A ogni mezza critica di Washington a Israele segue immancabile il giuramento di fedeltà alla sua protezione.
Se Washington volesse mettere pace in Medio Oriente basterebbe che tagliasse i rifornimenti bellici a Israele ma questo le lobbi non lo vogliono.

Da qui si possono desumere un paio di considerazioni interessanti.
1. Le bombe americane.
Ormai è evidente che dare le armi a Israele e poi chiedergli di non usarle solo per difendersi non funziona. Ah! Dimenticavo di dire che, secondo le “mie” fonti, questo era il patto con cui Washington cercava di evitare un allargamento del conflitto in Medio Oriente.
La legge generale che se ne ricava è che se si vuole essere obbediti non si dovrebbe fornire i mezzi per infrangere la nostra volontà.
2. L’irrilevanza politica di Biden.
Il presidente degli USA, a causa del suo declino mentale, non conta niente: tutto viene deciso dalla sua squadra. In altre parole il suo potere è diviso fra più persone. In questa maniera a Israele basta essere vicino a uno dei membri della squadra (in questo caso penso a Blinken) per sapere cosa viene deciso dietro le quinte dello studio ovale: in particolare Netanyahu doveva essere ragionevolmente sicuro che la minaccia di Washington di tagliare gli aiuti militari/economici a Israele era solo un bluff.

Come detto da un punto di vista militare è ancora presto per trarre conclusioni.
L’offensiva israeliana è relativamente modesta: se ho ben capito si parla di circa 12.000 uomini e un centinaio di carrarmati; gli hezbollah, per confronto, dovrebbero avere sui 100.000 uomini sebbene nessun aereo o carrarmato (ma abbondanza di armi anticarro): un esercito basato quindi più sulla difesa che per l’attacco. Comunque il punto è che il numero attualmente limitato di forze israeliane non è certo il tentativo di spazzar via gli hezbollah.
Mi colpisce però che questa invasione non sia avvenuta subito dopo l’attacco con i cerca persona quando massima doveva essere la confusione. Suppongo che ci fosse incertezza sull’efficacia dell’attacco o comunque nel suo potenziale di limitare la risposta militare degli hezbollah.
Ovvio poi che l’invasione israeliana sarebbe stata limitata: lo scopo principale è infatti quello di coinvolgere l’Iran (e quindi gli USA) minimizzando al massimo le perdite delle proprie forze.
Se poi anche questo attacco non dovesse provocare la reazione di Teheran e, contemporaneamente, le forze hezbollah dovessero dimostrarsi non capaci di colpire efficacemente le forze israeliane ecco che la profondità dell’invasione potrebbe aumentare.
Al che Washington chiederebbe/minaccerebbe l’Iran di non reagire chiedendo (o vantandosi!) a Israele di non allargare il conflitto alla Siria, alla West Bank o chissà dove!

Io credo che l’elemento saliente per prevedere come evolverà la situazione sarà la capacità degli hezbollah di infliggere perdite alle forze di invasione israeliane.
Una risposta forte, capace di respingere le truppe israeliane, potrebbe “disinnescare” la crisi: potrebbe evitare il coinvolgimento immediato dell’Iran e quindi degli USA e potrebbe rendere Israele più cauto nelle sue politiche militari future almeno verso il Libano.
Chiaro che l’eventuale ritiro israeliano sarebbe spacciato dai media occidentali come un grande successo, una “missione conclusa” che ha raggiunto tutti gli “obiettivi”: come al solito bisognerebbe leggere fra le righe.
Al contrario una risposta debole o assente degli hezbollah potrebbe convincere Netanyahu (il politico non militare della situazione) a fare il passo più lungo della gamba. Ma anche potrebbe spingere l’Iran a intervenire. Una reazione debole potrebbe essere reale debolezza o anche una strategia degli hezbollah: difficile stabilirlo a priori.

Difficilissimo poi prevedere cosa farà l’Iran. La decisione razionale sarebbe quella di non reagire: aspettare perché il tempo gioca a favore di Teheran. Ma politicamente (non ne so abbastanza per valutare) potrebbe non essere una scelta sostenibile sia internamente (per la popolazione locale) che esternamente (gli alleati degli iraniani). Inoltre non reagire spingerebbe solo Netanyahu a tentare un’altra provocazione.
Del resto la scelta razionale di non rischiare di ampliare il conflitto alla lunga ha nociuto al razionalissimo Putin con l’occidente che si è preso sempre più libertà spacciando all’opinione pubblica occidentale la sua prudenza come debolezza.
Forse alla fine all’Iran converrebbe realmente fare un nuovo attacco missilistico, magari colpendo le forze di invasione israeliane in Libano (non so se questo sarebbe militarmente possibile) e incrociare le dita sperando in una scarsa o nulla risposta statunitense come a marzo. Qui, per valutare, bisognerebbe conoscere bene il potenziale militare dell’Iran: non se fosse in grado di vincere ma semplicemente quanti danni reali potrebbe infliggere agli USA. Più i danni fossero alti e meno probabile sarebbe una ritorsione americana contro un attacco missilistico iraniano “moderato” a Israele. Per esempio mi chiedo se i missili ipersonici iraniani sarebbero in grado di affondare una porta-aerei statunitense: io credo di sì ma non me ne intendo abbastanza…
Per quanto scritto precedentemente poi l’Iran potrebbe aspettare per vedere quale sia la capacità di risposta militare degli hezbollah: sempre che la decisione (o vi siano accordi specifici) non sia già stata presa.

Conclusione: situazione brutta anzi bruttissima. Israele (beh Netanyahu in verità) non ha capito che a giocare troppo col fuoco alla fine ci si scotta.

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