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domenica 6 gennaio 2013

Scipione e Annibale

Finalmente un bel libro di storia!
Si tratta di Scipione e Annibale di Giovanni Brizzi, Ed. Laterza, 2007 ricevuto in regalo per Natale. Avendo da poco finito di leggere una serie di romanzi piuttosto leggeri (Il corsaro nero e La regina dei caraibi di Salgari e I libri della giungla di Kipling) avevo voglia di qualcosa di più impegnativo e così, attirato non solo dall'argomento ma anche dall'edizione particolarmente leggibile (*1), mi sono buttato su questo libro di storia.

Inizialmente sono rimasto un po' deluso perché le vicende di Scipione e Annibale sono raccontate in prima persona (*2), come se fosse un romanzo storico: e io detesto i romanzi storici!
In particolare odio non sapere quali siano i fatti storici appurati e quali le supposizioni più o meno verosimili (*3) degli autori.

Inoltre il mio interesse per la storia è estremamente limitato e concentrato sulla caduta dell'impero romano però, sulle guerre puniche, mi era comunque capitato di leggere un po' (*4) di Polibio e una monografia che mi aveva prestato anni fa mio zio: insomma non ero totalmente impreparato e credo che avrei colto delle distorsioni storiche macroscopiche...

Comunque, procedendo nella lettura, ho avvertito sempre meno questo fastidio di fondo perché entrambe le figure storiche sono rese in maniera equilibrata e credibile. Non solo: ho ritrovato un paio di concetti (*5) di cui mio zio mi aveva parlato e che quindi mi hanno portato a considerare questa biografia “attendibile” (*6).
Qualche giorno fa mi è poi capitato di leggere la bibliografia e ho così scoperto che l'autore è un grandissimo esperto di questo periodo storico: in pratica ci sono ben due pagine di suo materiale sull'argomento!

Secondo me molti aspetti meno noti (almeno da parte dei profani) del periodo, come ad esempio gli equilibri politici nel senato romano, sono descritti molto bene e resi accessibili anche a chi, come me, non conosce la storia del tempo. Oppure anche il rapporto fra Roma, città greche, Macedonia e Siria...

Manca comunque, a mio avviso, una spiegazione convincente del grande “perché” (*9) della seconda guerra punica, ovvero: “perché Annibale, dopo la battaglia di Canne, non attaccò direttamente Roma?”
In realtà l'autore dà una risposta e cioè che furono i romani a non voler accettare nuovamente una battaglia campale col formidabile generale cartaginese: essi si limitarono a controllarne le mosse da posizioni "inattaccabili", “circoscrivendo” col tempo il territorio controllato da Annibale fino a costringerlo in un estremo lembo della penisola.

Questa è una spiegazione ma non mi convince del tutto. Annibale era riuscito a far ribellare molte città italiche a Roma, perché quindi non richiederne il supporto per l'assedio della capitale? O perché non tentare di creare un regno antagonista al romano nella penisola (come forse aveva in effetti tentato di fare con Capua...)? In pratica per quasi 15 anni, dopo la battaglia di Canne, Annibale rimase in Italia senza quasi fare più nulla...
Insomma mi pare che la spiegazione fornita dall'autore spieghi solo in parte (*7) le ragioni dell'inerzia del cartaginese.

Molto interessante ho trovato la parte sul “dopo” Zama e le conseguenze politiche nei rapporti fra Roma e le città greche: l'autore è stato bravo a far capire il cambiamento di mentalità nei romani, il timore che si trasforma in aggressività, e l'abilità politica del senato nello sfruttare questo sentimento a proprio vantaggio.

Una differenza che ho trovato rispetto al libretto che lessi anni fa (*10) è che manca l'accento sul carattere mercantile dell'impero cartaginese: a Cartagine, a differenza che a Roma, si faceva una politica che guardava essenzialmente a proteggere i propri interessi economici senza considerare le prospettive nel lungo periodo (cfr. con mia nota *7). Sempre in quel libro, lo sfruttamento delle miniere d'argento spagnole da parte di Cartagine è paragonato a quanto farà la Spagna stessa con le miniere del nuovo mondo: il flusso di ricchezza in ingresso non sarà impiegato per sviluppare l'economia del paese ma quasi si sostituirà ad essa (perché diventa facile comprare tutto all'estero).

In definitiva un libro che consiglio a tutti perché pur rimanendo aderente alle “verità” storiche (e insegnando quindi un paio di lezioni interessanti) è comunque leggibilissimo come se fosse un romanzo!

Nota (*1): ottimo anche l'odore della carta!
Nota (*2): diciamo che in genere è in terza persona ma, qua e là, ci sono dei “pensieri” in prima persona...
Nota (*3): in particolare qualche mese (anno?) fa mi era capitato di leggere un deludentissimo (perché dello stesso autore mi era invece piaciuta l'agile biografia su Tiberio) Cesare di Antonio Spinosa chiaramente infarcito di aneddoti dubbi...
Nota (*4): “un po'” perché smisi di leggerlo quando Polibio iniziò ad affrontare la situazione in Grecia: in quel momento infatti stavo leggendo Tucidide e avevo iniziato a confondermi!
Nota (*5): Secondo mio zio il rapporto fra Scipione e Annibale ricordava quello fra il duca di Wellington e Napoleone: entrambi avevano sconfitto il genio militare del loro tempo ed erano stati idolatrati dai loro contemporanei ma, in fondo al cuore, sentivano di non meritarsi del tutto tanta fama in quanto le relative vittorie erano dovute in larga parte anche al semplice caso.
Il secondo concetto riguardava un'altra similitudine: la trasformazione di Roma dopo la sconfitta di Cartagine e quella degli USA dopo il tracollo dell'URSS. Nella Roma antecedente la seconda guerra punica si aveva ancora una società, non particolarmente espansionistica, nella quale era saldo il concetto di fides, ovvero di forti valori morali di origine contadina; poi però, con la sconfitta del loro grande avversario, Roma si ritrovò con un apparato bellico potentissimo e visto che “con le baionette si può fare tutto fuorché dormirci sopra” iniziò ad avere mire su territori esterni alla penisola italica: in pratica, benché ancora repubblica, Roma aveva ormai in sé il germe dell'impero. Analogamente gli USA, secondo mio zio, non erano particolarmente imperialisti quando si contrapponevano all'URSS (in quel periodo le due superpotenze si marcavano a vicenda ed era impossibile per l'una e per l'altra di abusare del proprio potere...) ma lo sono in parte diventati dopo, diciamo, il 1990.
Comunque entrambi questi concetti, pur senza le rispettive analogie, sono ben presenti (e spiegati meglio di quanto io non abbia potuto fare in poche righe) nel libro.
Nota (*6): e io mi fido molto di più di quanto mi abbia detto mio zio che di uno storico qualunque!
Nota (*7): MIA ipotesi di fantastoria (*8) inventata sul momento: magari a Cartagine si temeva un Annibale troppo forte? Forse si era soddisfatti di mantenere i romani in scacco sulla penisola ma si temeva un ritorno di Annibale da trionfatore? Per questo gli tagliarono i fondi per la guerra e quindi per reclutare mercenari e corrompere le città italiche?
Nota (*8): per inventare delle teorie sensate sarebbe utile conoscere anche il rapporto numerico fra le popolazioni di Roma e Cartagine. Certo rimane il fatto che i romani erano un popolo contadino/militare mentre i cartaginesi erano commercianti/marinai: indipendentemente dal numero era molto più facile per i romani reclutare nuovi eserciti di quanto non lo fosse per i cartaginesi...
Nota (*9): ho trovato un appendice che affronta proprio il problema delle fonti: per adesso ha spiegato da dove derivano le sue ipotesi sulla famiglia di Scipione, sulla sua formazione culturale e altri aspetti minori. Immagino che quando passerà ad Annibale (mi manca ancora una decina di pagine) dirà qualcosa sull'argomento...
Nota (*10): appena lo ritrovo lo citerò per bene!

2 commenti:

  1. http://figline.wordpress.com/2011/07/24/il-ponte-di-annibale-bruscheto/
    Per approfondire i'argomento della seconda guerra punica non mancare di visitare il ponte di Annibale a Bruscheto. In questo periodo è particolarmente suggestivo e potrebbe aiutarti a capire.

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    1. Sì, l'avevo letto e infatti ci lasciai pure un commento a suo tempo!

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