Ho finito di leggere il primo capitolo di la Scienza è democrazia di Maria Luisa Villa, (E.) Guerini e Associati, 2018.
Un capitolo veramente ricco di idee interessanti: adesso sono in una fase di “digestione”…
Cerco di spiegarmi: il libro propone una ricostruzione dell’evoluzione storica della scienza, dagli antichi greci fino a Galileo (nei capitoli successivi va oltre) fornendo qua e là delle spiegazioni sul perché dei vari passaggi. Ho avuto la sensazione che questo primo capitolo si basasse molto su vari saggi e articoli; grazie a questo materiale l’autrice costruisce dei subcapitoli che corrispondono a tante sfaccettature diverse dell’argomento affrontato. Qua e là dei passaggi non mi convincono del tutto e allora mi pongo delle domande e faccio ipotesi per rispondermi da solo.
Nel complesso il capitolo riassume il percorso seguito dalla scienza in circa duemila anni e non sempre è chiaro perché prenda una direzione e non un’altra: fuor di metafora non sempre sono spiegate le ragioni storiche del fiorire o del declino della scienza.
L’equazione fra scienza e libertà illustrata nelle prime pagine (v. Dal primo capitolo) non basta a spiegare tutto il percorso successivo.
Ecco, su tutti questi aspetti sto meditando: dopo una cinquantina di pagine sto iniziando a elaborare una teoria interessante e molto più onnicomprensiva per spiegare l’evoluzione della scienza e non solo. Ad esempio oltre alla libertà ho identificato altri quattro fattori determinanti nell’equazione della scienza: ricchezza, comunità di intellettuali, stabilità sociale e volontà politica. Volendo vi si potrebbe aggiungere anche la religione oppure la si potrebbe far rientrare in un aspetto della “libertà”…
Ma su questo non aggiungo altro: voglio ancora lasciar sedimentare queste idee e poi, probabilmente, i prossimi capitoli aggiungeranno nuovi elementi e in essi potrei trovare alcune delle risposte che mi mancano. Insomma credo che per il momento sia più utile continuare nella lettura piuttosto che passare alla rielaborazione dell’informazione raccolta.
Uhmm… come pezzo è un po’ troppo corto e troppo lungo per essere un corto…
Potrei elencare i miei dubbi ma non so quanto senso avrebbe non volendo entrare (vedi sopra) nei dettagli. Però come riferimento potrebbe essermi utile…
Va bene, qui di seguito uno scarno elenco di dubbi e domande:
- Greci: ricordo che i filosofi greci erano contrari alle applicazioni pratiche (vedi poi) e quindi economiche/tecnologiche.
- Epoca ellenistica: conversione della scienza in ricchezza ad Alessandria.
- Epoca ellenistica: perché la conoscenza scientifica rimane limitata ad Alessandria?
- Roma: perché manca comprensione dell’importanza di scienza e tecnologia?
- Cristianesimo: “uccide” la scienza eppure anche la conserva nei monasteri.
- Cristianesimo: separazione fra filosofia e scienza: cosa comporta?
- Cristianesimo: l’astrologia non era molto più antica?
- Islam: ha chiara la relazione fra scienza e tecnologia: allora perché la scienza non si sviluppa ulteriormente? epomiti troppo subordinati alla religione?
Molti dei precedenti punti sottintendono i fattori collegati alla scienza che ho menzionato precedentemente ma, come detto, al momento preferisco non cercare di ricollegare tutto insieme in un’unica teoria.
Nel primo dei punti precedenti, fra parentesi, ho scritto “vedi poi”: il motivo è il solito caso di serendipità. Nel primo capitolo c’è un brevissimo accenno al saccheggio romano di Siracusa del 212 a.C. durante il quale fu ucciso Archimede: il caso vuole che nelle Vite parallele di Plutarco sto proprio leggendo le vicende del generale romano Marcello e, ovviamente, è narrato anche l’assedio di Siracusa, la difesa della città con i marchingegni di Archimede e la morte (assolutamente non voluta da parte di Marcello) del grande scienziato.
Non starò qui a farne un riassunto ma voglio sottolineare due elementi che mi sembrano interessanti:
1. in Plutarco si legge stupore e ammirazione per le macchine di Archimede ma sembra mancare l’intuizione che tali ordigni avrebbero essere potuti copiati e usati altrove anche dai romani. Ipotizzo che Plutarco li considerasse indissolubilmente legati ad Archimede e non ricreabili senza di lui: non frutto di scienza ma “magia” di un uomo.
2. vi è almeno un accenno al disprezzo verso le applicazioni pratiche della scienza. Nel passaggio seguente si spiega che Archimede non mise per scritto come costruire le sue macchine belliche (ma solo teoremi geometrici) perché non riteneva tali progetti abbastanza degni: «Ebbe Archimede tanto alti pensieri, sì profondo intelletto, e sì ricco tesoro di contemplazioni geometriche, che non volle lasciare scrittura alcuna di questa arte [macchine belliche], da cui acquistò gloria e nome non d’umana conoscenza, ma più tosto di divina sapienza: anzi avendo tenuta per vile e per meccanica ogni cognizione che porta utile per metterla in uso, impiegò l’ingegno e lo studio di quelle sole, nelle quali la beltà e l’eccellenza non fusse mista con la necessità.» (*1)
Mi ero lasciato per ultimo lo spunto più interessante. Si tratta di un’idea che mi era venuta in mente giorni fa e di cui avevo accennato nella conclusione di Dall’estremo oriente:
«in realtà volevo concludere con una riflessione sull’importanza del mar Mediterraneo per la comunicazioni e sulla frammentazione dei parapoteri statali per evitare l’effetto di omogeneizzazione e, quindi, lo sviluppo di idee diverse. Insomma il mar Mediterraneo visto nel duplice ruolo di barriera e via di comunicazione.»
Ebbene un accenno a questo tema, che però corrobora la mia intuizione, l’ho letto proprio ieri anche in questo primo capitolo di Scienza è democrazia: qui viene infatti spiegato che la conquista musulmana del nord Africa spezzò l’unità culturale dei paesi del bacino del Mediterraneo portando, in pratica, all’isolamento dell’Europa occidentale e quindi a un’evoluzione indipendente del suo pensiero.
Può sembrare poco o nulla ma per me è un prezioso ingrediente per la teoria che ho in mente e che tenterà di abbracciare anche l’evoluzione storica della scienza…
Conclusione: in genere dopo il primo capitolo il mio entusiasmo va a scemare: vedremo se sarà così anche in questo caso… Comunque un ottimo libro!
Nota (*1): tratto da Le vite parallele di Plutarco, (E.) Salani, 1963, trad. Marcello Adriani.
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