Da quando trascrissi l'intervista a MO (v. L'uomo che sussurra alle renne (1/4) e successivi) volevo aggiungervi la seguente riflessione personale che mi stava particolarmente a cuore. Finalmente mi sono deciso a metterla nero su bianco...
Forse il lettore si sarà stupito che l'intervista sia iniziata dai ricordi del liceo e dell'università, che abbia poi dedicato non poco spazio al lavoro, invece che, ad esempio, concentrarsi direttamente sulle esperienze nel Sahara e in Lapponia.
Infatti non è un caso ma una scelta ben precisa: ciò che più mi ha affascinato di MO non sono state le imprese in sé quanto la scelta di compierle.
Ciò che mi ha colpito era il percorso che aveva portato a tale decisione e volevo quindi indagarne le motivazioni e i sacrifici che comportava.
Perché alla fine, dietro a queste decisioni, si nasconde la domanda fondamentale di come si debba vivere la propria vita e quale sia il suo scopo.
La risposta più facile e comune è quella di omologarsi e comportarsi come tutti; cercarsi un buon lavoro, farsi una famiglia e/o, magari, inseguire il successo economico.
Ma la scelta di MO va chiaramente contro questa tendenza: per un anno ha sacrificato il proprio lavoro per prepararsi a un'esperienza sportiva estrema. Si tratta di una decisione che suppongo inconcepibile per la maggior parte delle persone, comprese quelle che lavorando in proprio come MO avrebbero la possibilità di compierle senza venire meno alle proprie responsabilità fondamentali. Di certo MO non venera il denaro!
Leggendo fra le righe di ciò che mi ha risposto si capisce che anche la famiglia è almeno parzialmente subordinata a questo suo stile di vita: lui stesso ha infatti affermato che non potrebbe convivere con una compagna che non capisse e accettasse questo aspetto della sua natura.
Ricordo che nella mia prima intervista, in pratica una lunga chiacchierata a quattrocchi, insistevo a chiedergli “Ma cosa cerchi in queste corse?”. Dal mio punto di vista infatti era chiaro che si trattava di una scelta di vita e che quindi la risposta a tale domanda dovesse essere fondamentale.
Ecco quindi che emerse, e nell'intervista pubblicata si è esplicitata, la teoria della ricerca del proprio “io primitivo” che io preferisco intendere come una ricerca del proprio io essenziale. Una conoscenza che porta non solo a una maggiore consapevolezza di sé ma anche degli altri e, di conseguenza, del mondo.
E questa è proprio la mia filosofia più intima, quella che ho tracciato nei pezzi PSS e che ho pudicamente nascosto sotto il pallio del surreale. Lo scopo della vita è proprio quello inseguito dall'amico Lorenzo: una continua ricerca che porta a una maggiore comprensione di sé, degli altri e quindi del mondo: una paideia che si può realizzare nelle maniere più diverse. Un'esperienza che di per sé sarebbe però vana se priva della certezza di una continua e progressiva palingenesi dell'anima: un cammino perenne che va oltre i confini di una singola vita...
Ma non voglio diventare troppo criptico: chi è interessato agli aspetti più “mistici” del mio pensiero può comunque trovarli nei pezzi PSS.
Ciò che conta è che ho visto applicata da MO, perché interiormente intuita, quella stessa filosofia di vita che anch'io propugno: e ciò mi ha fatto indiscutibilmente piacere.
I lettori più maliziosi potrebbero ironicamente spronarmi a mettermi a correre e ad applicare così a me stesso ciò che consiglio agli altri. Per la terza volta rimando ai PSS: come insegna il venerabile Yury ci troviamo tutti in punti diversi del fianco di un'unica montagna e il sentiero che porta alla sua vetta non è necessariamente lo stesso per tutti.
Per trovare me stesso non ho bisogno di inseguirlo: mi basta sedermi e interrogarmi per avere le risposte che cerco. Ma lo ripeto per chiarezza, perché non voglio essere frainteso, ciò che veramente apprezzo in MO non è la corsa ma la scelta della corsa e ciò che essa comporta.
Conclusione: pezzo probabilmente inutile visto che la maggior parte delle persone, di certe domande, non cerca risposta né vuole udirla...
la mia generazione
10 minuti fa
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