Strabuccino non stava in sé dalla gioia: finalmente la donna dei suoi sogni lo avrebbe amato! Passate erano le numerose recenti e remote delusioni: il suo cuore avrebbe finalmente traboccato di felicità e, per sempre, avrebbe battuto all'unisono con quello di Pescasoda...
Con questi gioiosi pensieri in mente Strabuccino salì i gradini due a due impaziente di trovarsi faccia a faccia con la sua amata. Finalmente, con il cuore in gola, arrivò a un piccolo ingresso dove una pesante porta di legno permetteva di accedere alla camera di Pescasoda.
Senza fiato bussò alla porta socchiusa, aspettò qualche secondo, gli parve di udire solo un soave mormorio e così, incerto, ribussò un po' più forte...
«HO DETTO “AVANTI”! MA CHE SEI SORDO!» - arrivò stavolta chiara e forte l'amabile voce di Pescasoda.
Timidamente Strabuccino si fece coraggio ed entrò nella camera della sua amata: Pescasoda era sdraiata sopra il suo letto, appoggiata a un cuscino, e indossava una vestaglia sottile e trasparente che le lasciava nude le braccia e gran parte delle gambe. Stava sfogliando una rivista mentre alla tivvù c'era una soap opera. I morbidi capelli rossi erano sciolti e ricadevano dolcemente sulle sue spalle: quando alzò lo sguardo su Strabuccino i suoi occhi grigi chiarissimi lo trapassarono da parte a parte e lui rimase senza parole perché in essi vide il riflesso del proprio amore.
Pescasoda invece non rimase altrettanto impressionata e disse: - «Ah... hai vinto tu: con la mia fortuna dovevo immaginarmelo che avrebbe vinto l'unico brutto, basso e pelato...»
Strabuccino rimase un attimo interdetto ma solo un attimo: infatti lei non gli aveva detto di non amarlo ma soltanto che non era né bello né alto e che aveva pochi capelli: questo significava semplicemente che lei l'amava per quello che era!
Strabuccino era talmente colpito dalla figura della ragazza, dalle sue dolci movenze, dal lieve ondeggiare del suo seno quando muoveva un braccio, che il suo cervello era incapace di pensare: fortunatamente il suo cuore prese la parola e disse - «Oh mia adoratissima Pescasoda, da quando ho sentito il tuo nome il mio cuore batte solo per te. Quando poi ti ho visto per la prima volta, affacciata al tuo balcone, il mio cuore si è fermato e il corpo ha smesso di ubbidirmi: non riuscivo a distogliere gli occhi dalla tua fulgida bellezza e solo quando chiudesti la finestra ripresi a respirare. Adesso che sono alla tua presenza non riesco a trovare parole degne della tua persona: nessuna frase può descrivere lo splendore del tuo aspetto, l'intelligenza del tuo sguardo, la bontà del tuo sorriso, il corrusco...»
«Uffa! Hai ancora parecchio da chiacchierare?! Io avrei di meglio da fare che stare a sentirti...» - l'interruppe Pescasoda.
Ancora una volta Strabuccino rimase sorpreso dalle parole della sua amata: ma anche in questo caso il suo amore cancellò ogni incertezza. Pensò che Pescasoda, dopo aver aspettato per anni che un uomo la salvasse, avesse adesso voglia di passare subito ai fatti invece di ascoltare la sua professione d'amore; si avvicinò quindi con delicatezza ai piedi del suo letto ma, quando vi si appoggiò con una mano per salirvi sopra...
«Che fai brutto sgorbio! Cosa ti salta in mente! Come ti permetti anche solo di avvicinarti a me?!» - gli urlò contro Pescasoda.
Strabuccino fece un salto indietro e disse - «Scusami! Pensavo che dopo tutti questi anni, tu avessi voglia di... ehm... contatto umano?»
«Come osi, orrido verme, credere che io voglia anche solo sfiorarti? Già guardarti mi disgusta! Adesso ho capito che la mia prima impressione era corretta: sei uno schifoso porco maschilista! Credi che una ragazza come me debba per forza amare il primo uomo che la salvi?! Credi che, come una cagna in calore, io si disposta a unirmi in un amplesso con chi capita? No caro, non è così! Io voglio trovare un uomo che mi piaccia e che mi rispetti: poi dopo esserci frequentati a lungo, quando lo conoscerò bene, gli permetterò di baciarmi e, se un giorno ci sposeremo... ma questi sono fatti miei che non ti riguardano...» - spiegò inviperita Pescasoda.
Strabuccino si fece piccino piccino e si azzardò solo a replicare: - «Ma il mio premio? Il tuo prezioso fazzolettino?»
Pescasoda aprì un cassetto del suo comodino, ne tirò fuori una scatolina di legno, piccola ma massiccia, e la tirò con tutte le sue forze contro Strabuccino colpendolo in testa. «E ora sparisci dalla mia vista essere disgustoso!» - gridò.
«Ma...» - obiettò timidamente Strabuccino.
«Ho detto FUORI!!» - urlò la leggiadra ragazza.
Così Strabuccino si voltò, uscì dalla camera di Pescasoda, e corse giù per le scale della torre senza nemmeno vederle. Non sentiva più pulsare il sangue nelle vene: probabilmente il suo cuoricino era di nuovo rotto.
Tornò all'Ostello dei Concorrenti a riprendere le sue poche cose ma là il dolore lo sopraffece: si gettò sulla branda e iniziò a singhiozzare pur senza riuscire a piangere perché la desolazione del suo spirito gli aveva inaridito gli occhi. Riusciva solo a pensare al suo incontro con Pescasoda e alle parole che si erano scambiati. Possibile che una ragazza bella e buona come Pescasoda non avesse visto oltre le apparenze, possibile che non avesse percepito l'immenso amore che lui provava per lei? Possibile che non avesse percepito le affinità dei loro spiriti? Per ore si torturò ponendosi domande a cui non poteva rispondere poi però si ricordò della scatola col fazzoletto: l'aveva lasciata nella camera di Pescasoda.
Pensò che sarebbe stato scortese non tornare a prenderla. E mentre lo pensava si era già incamminato verso la torre. Mentre saliva i primi gradini pensò che forse lei si era pentita, sperò che avesse capito di aver scacciato l'uomo che più l'amava, anzi più saliva e più se ne convinceva...
A questi pensieri si affrettò e, giunto quasi in cima, la sentì piangere e lamentarsi: subito Strabuccino fu sicuro che Pescasoda si fosse ravveduta: una felicità troppo grande per il suo corpo si impadronì di lui e gli gonfiò il petto quasi sollevandolo da terra: senza accorgersene arrivò di corsa al pianerottolo e sbatté contro la porta, adesso saldamente chiusa, della camera di lei.
«Sssss!» - sibilò una voce irritata - «Ssstai attento Ssstrabuccino! Mi hai quassi calpesstato...»
«Come? Lettaculo che ci fai qui? Ma cosa succede di là...?» - chiese uno Strabuccino non troppo in sé. Dalla spessa porta di legno si udiva infatti Pescasoda lamentarsi non per il dolore ma bensì per il piacere. Ogni tanto si poteva sentire la voce dura e profonda di un uomo grugnire qualcosa di incomprensibile ma per lo più si udiva la voce squillante di lei che ritmicamente alternava gridando le varie vocali “aah!”, “eeh!”, “ooh!”, eccetera intercalandole a espressioni di vivace entusiasmo e consenso, come “sì!”, “ancora!”, “di più!” e così via...
«Sssu via Ssstrabuccino! Un po' di fantassia...» - disse Lettaculo - «Il mio padrone sssi ssta divertendo con Pessscassoda: ssì, sssì, un bel bocconcino davvero...»
«Ma come è possibile?! Io... io... e lei...» - chiese uno sconvolto Strabuccino.
«Sseemplicemente il mio asstuto padrone sssi era accordato con lei...»
«Ma come? Come avrebbe fatto a parlarle? La grata era chiusa e sigillata...»
«Sssì certo: la grata era chiussa e sssigillata... ma per me non è sstato un problema: ssono tranquillamente sscivolato ssu sssu per le sscale ssss... e ho riferito a Pessscassoda il messssaggio del mio padrone. Furbo come un sserpente osserei dire... Le ho detto “Il mio coraggiosso padrone, il cavaliere Furbo, ti manda un messsaggio: attenta Pessscassoda! Lo sschifosso Ssstrabuccino, il più malvagio e brutto degli uomini, vincerà la gara e vorrà godere della tua bellezza per ussarti per il ssuo piacere! Però, sse farai come ti dico, riusscirai a resspingerlo e io, tuo devoto ammiratore, potrò avere l'immeritato privilegio di mettermi al tuo sservizio”. Inutile dire che il mio padrone, una volta faccia a faccia con Pessscassoda, non ha avuto problemi a far mettere lei al ssuo sservizio! Ssss! Ssss! Sss! Ah! Poi mi ha anche fatto aggiungere “Colui che mi manda ti ha donato il corno di vampirozombiecapramannaragigantecornuta dorato e con le gemme incassstonate e lui possiede un sserpente più grossso di me”: infatti, il mio padrone ama ripetere, i riferimenti all'oro e ai sserpenti dei masschi umani non mancano mai di eccitare la fantassia delle giovani femmine...» - spiegò Lettaculo.
Nel frattempo i rumori provenienti dalla camera di Pescasoda stavano diventando più forti: si sentiva chiaramente il ritmico “tump!” del letto contro il muro sovrapposto a uno “splat!” marcatamente più carnoso. Inutile dire che Pescasoda cantava a squarciagola le sue melodie sopra questo vigoroso accompagnamento...
«Ma... ma come...» - riuscì solo a bisbigliare Strabuccino.
Lettaculo, con la freddezza tipica della sua razza, non si preoccupò dei sentimenti di Strabuccino e, anzi, interpretò il suo bisbiglio come la volontà di sapere ogni particolare della vicenda: oltretutto Lettaculo era molto fiero dell'astuzia del suo padrone e amava descriverla nei dettagli.
«Sssì, tutto era sstato preparato nei dettagli... Chi credi che ti abbia mandato quel ridicolo coniglio? Sssì è sstato il mio padrone! Aveva bissogno di te per ssuperare il ponte infuocato e procurarsssi il corno di vampirozombiecapramannaragigantecornuta... Non capissci ancora? Gandalf... ma forsse dovrei chiamarlo col ssuo vero nome: Vermeconigliolinguo... ti ha lassciato nel bossco ed è tornato indietro a prendere l'altro corno per portarlo al mio padrone! Ssss.... »
«Non è possibile! Gandalf è morto! Si è sacrificato per salvarmi!»
«Ssss! Ssss! Ssss!» - rise il serpente - «Ssse non mi credi perché non chiedi direttamente a lui?» - disse allentando alcune spire del suo corpo e rendendo così visibile il musetto impaurito di Vermeconigliolinguo.
«Anche tu, Gandalf, amico mio!?»
Ma il coniglietto era troppo imbarazzato per rispondere e si limitò ad abbassare gli occhi a terra.
«Possso risspondere io alla tua ssss... implicita domanda: la paura ssss.... la paura è la rissposssta. Vermeconigliolinguo... sss... mi ha vissto sstritolare e inghiottire tutti i sssuoi tenerissssimi nove fratellini e, naturalmente, sssuo padre e ssua madre. Mi odia ssssì... ma mi teme ancor di più e obbedissce a ogni mio comando...»
Nel frattempo nella stanza accanto era stato raggiunto il climax sottolineato da un lungo ed entusiastico grido di Pescasoda che rassomigliava a un “Aaaaahhhoooohhhhaaaaahhh! Sssiiiiiiiiiiì!!!» seguito da una relativa quiete.
«Non hanno finito: il mio padrone avrà bissogno di Pessscassoda ancora per molte ore: era tanto che la dessiderava e poi ha pressso le magiche pillole blu...» - spiegò Lettaculo che proseguì poi con la sua spiegazione - «Sstamani ha convinto il cavaliere Ricco a pagargli una cifra altissssima per la ragazza...»
«Come?» - ripeté per l'ennesima volta Strabuccino che iniziava ad avere un forte mal di stomaco - «Cosa vuoi dire?»
«Il cavaliere Ricco vuole potersssi vantare del proprio valore guerresssco con i ssuoi amici. Per quessto ha pagato un ssacco di gemme al mio padrone: lui gli conssegnerà Pessscassoda. Ma non oggi, domani, quando ne ssarà ssazio e annoiato...»
«Come: il cavaliere Furbo non ama Pescasoda? Ha intenzione di venderla?!» - chiese Strabuccino incredulo.
«Ssssss! Ssss! Ssss!» - rise a lungo Lettaculo - «Il cavaliere Furbo ama ssolo ssse sstesssso! E io gli ssono ssimpatico! E ssoprattutto utile sss... Al cavaliere Ricco non importa ssse il mio padrone ssi gode Pessscassoda prima di consegnarlela: lui tanto sssi può comprare tutte le donne che vuole. Pessscassoda non gli sserve per il proprio piacere ma ssolo per il proprio ego...»
A queste rivelazioni Strabuccino rimase a bocca aperta totalmente inorridito cosa che fu interpretata da Lettaculo come un'ulteriore richiesta di spiegazioni.
«Sssì perché il cavaliere Ricco ti temeva molto Ssstrabuccino: aveva capito che non ti poteva comprare con i ssuoi sssoldi. E anche il mio padrone ti teme: non capissce il tuo coraggio e la tua determinazione ma sssa che ssse anche ti uccidessse e ti facessse a pezzi... ssss tu rissorgergeressti e, prima o poi, lo ssconfiggeressti...»
«Avrà anche paura di me ma non mi pare si sia fatto scrupoli a rubare la mia amata!» - sbottò Strabuccino: anche perché dalla camera accanto si udivano di nuovo dei mugolii e dei sospiri che, ancora una volta, indicavano che il letto veniva intensamente usato e non per dormire.
«Il mio padrone l'aveva previssto! Ti devo dire “Sse giuri di lassciarmi in pace, il mio fido Lettacula, lasscerà andare ssano e ssalvo Vermecongliolinguo”»
A queste parole Vermecongliolinguo alzò il capino tutto speranzoso per guardare Strabuccino.
«Perché dovrei volerlo salvare: mi ha tradito! E poi comunque, nonostante tutto, non posso permettere che Pescasoda venga venduta al cavaliere Ricco!»
«Previssto! Previssto!» - si capiva chiaramente che se il serpente avesse avuto le mani le avrebbe usate per applaudire l'astuzia del suo padrone: - «Tu ssalverai Vermecongliolinguo perché ssei buono. Il mio padrone non capissce la bontà ma la ssa riconosscere e la ussa a ssuo vantaggio: anche sse Vermecongliolinguo ti ha tradito non puoi lassciarlo morire perché lo consideri un sssss... amico... Ssecondo, Pessscassoda non vorrà esssere ssalvata: lei dessidera ssolo i ssoldi e il cavaliere Ricco gliene darà... ssss in abbondanza... Perché credi ssia sstato cossì facile per il mio padrone ssedurla?»
Strabuccino ci pensò a lungo ma, a malincuore, dovette ammettere che Lettaculo aveva ragione in entrambi i casi: giurò di non vendicarsi del cavaliere Furbo e il serpente lasciò libero Vermecongliolinguo che sfreccio via, giù per le scale, senza nemmeno ringraziare.
Strabuccino stava per fare qualche altra domanda a Lettaculo quando dalla camera di Pescasoda il letto iniziò di nuovo fare “Tump! Tump!” e la ragazza ad accompagnare questi suoni con un entusiasmo che lo feriva: da tempo aveva il cuore rotto ma, al crescendo appassionato di “sììì ancora!” di lei, si frantumava dolorosamente in pezzettini sempre più piccoli...
Mentre Strabuccino scendeva le scale barcollando, udì ancora una volta la voce di Lettaculo: «Ssse permettimi un'ultima ossservazione ssss... tu devi ricordarti di esssere ssolo un ometto-fungo: nessssuna donna amerà mai un ometto-fungo ssss... è rissaputo: gli ometti-fungo sssono buoni sssolo ad avere il cuore ssspezzato! Ssss! Ssss! Sss! Ssss!»