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sabato 9 agosto 2025

Cervello e apprendimento

Avrei da scrivere anche un pezzo su GeoGatti8 ma, non letto per non letto, do la preferenza a questo…

Qualche settimana fa sono stato ospite di un mio amico per la notte dato che la mattina sarei dovuto andare a un torneo di scacchi a circa 30Km di distanza. La sera gli chiedo di spiegarmi la strada guardandola su GoogleMaps. La guardiamo e lui mi mostra un paio di possibili alternative.
Ciò che però mi stupì e mi divertì fu la sua preoccupazione per il fatto che non avessi un navigatore con me: avevo il mio tablet ma funziona solo se si collega a un Wi-Fi, non avevo mappe cartacee e non avevo praticamente preso appunti (un numero di telefono di un organizzatore e l’indirizzo finale mi pare). Io ero tranquillissimo dato che il percorso era semplice e senza punti critici che se si sbagliano non si arriva a destinazione: invece lui cercava di farsi venire qualche idea in maniera che avessi almeno la mappa sul tablet, tipo collegarsi a Internet prima di partire e mettere il percorso su Google Maps etc.
Ovviamente non ebbi problemi ad arrivare a destinazione e, anzi, ancora oggi ricordo benissimo le indicazioni ricevute compresa la strada alternativa più “difficile”…

Ma qual è il senso di questo breve aneddoto?
Beh, a me pare, una dimostrazione pratica di una mia teoria su cui scrissi un pezzo qualche anno fa (e che non mi va di andare a cercare!).
All’epoca spiegavo che quando devo affrontare un problema molto difficile do il mio meglio se ho a disposizione carta a quadretti (4mm) e penna. Contemporaneamente ricordavo che gli antichi non avevano problemi ad affrontare problemi anche molti complicati a mente e, in generale, avevano una memoria molto migliore della nostra.
Mi chiedevo quindi se fossero nettamente più intelligenti. La mia risposta era “no”.
La mia teoria per spiegare questa differenza è che il nostro cervello cerca la maniera più facile, meno dispendiosa, per risolvere i problemi con cui ha a che fare. Nell’antichità non vi era la carta e, in generale, i mezzi per scrivere erano meno numerosi e precisi e/o più costosi: ho in mente tavolette di argilla o di cera, tracciare immagini nella polvere e simili. Niente di paragonabile a quaderni a quadretti da 4mm!
Quando poi il cervello si abitua, per una vita poi, a operare senza supporti di questo tipo allora vi riesce senza troppa difficoltà.

L’episodio del mio aneddoto mi fa supporre che il mio amico fosse ormai abituato a usare sempre il navigatore del proprio telefonino e quindi avesse un po’ perso l’abitudine a memorizzare un percorso mentalmente.
Incidentalmente aggiungerei un’importante ipotesi/teoria: il cervello fatica ad acquisire nuove abilità ma fa alla svelta a perderle. Venticinque anni fa non c’erano navigatori e cellulari intelligenti e tutti sapevamo arrangiarsi per arrivare a destinazione; oppure una decina di anni prima i numeri telefonici non si memorizzavano nel telefonino ma si imparavano a memoria…

Tutte queste mie considerazioni non sono solo curiosità ma, al contrario, evidenziano l’aspetto fondamentale di una nuovissima problematica che sta emergendo in questi ultimi anni.
Apparentemente tutti gli studenti di ogni ordine e grado usano massicciamente le IA come chatGPT per fare gli esercizi assegnati loro dagli insegnanti.
E, sembrerebbe, che il testo sputato fuori dalle IA non venga ricontrollato criticamente ma, spesso, copiato tale e quale e poi presentato a scuola/università.
La logica del comportamento è evidente: il cervello degli studenti in questa maniera fa pochissima fatica a svolgere i compiti assegnati. Il rovescio della medaglia è che lo studente in questa maniera impara poco o nulla.
Ma vi è un altro problema più sottile: la perdita della capacità di pensare criticamente. Quello che propone l’IA è preso per buono, cioè corretto. Non solo non ci si accorge dei suoi errori ma neppure li si cercano. Di nuovo abbiamo i cervelli degli studenti impegnati a salvare energia.
Parlo di “salvare energia” e non di pigrizia perché questo è il naturale risultato della nostra evoluzione come razza umana: seguire la strada più facile e meno faticosa per risolvere tutti i nostri problemi. La pigrizia invece è caratteristica di qualcuno (magari molti) ma non di tutti.

Vedremo come il potere affronterà questa problematica: innanzi tutto servirà ancora qualche hanno prima che venga registrata, che ci accorga cioè della sua presenza. Poi si dovrà vedere cosa verrà preferito: dei lavoratori complessivamente incompetenti oppure una popolazione conformista e acquiescente? Io credo che dal punto di vista del potere questi due fattori più o meno si annullino fra loro e che quindi la risposta più probabile sarà non affrontare il problema.
Del resto i figli dei privilegiati potranno andare alle scuole private migliori dove saranno i professori, seguendo molto attentamente i propri studenti, che si ingegneranno per evitare che abusino delle IA.

2 commenti:

  1. Da sempre esiste un conflitto tra fatica e abilità, salute da una parte e agio, incapacità e malattia dall'altra.
    Come macchine termodinamiche tendiamo ad ottenere il massimo risultato col minimo dispendio; questo, tuttavia, porta alla perdita di capacità e funzioni, a problemi di salute.
    Riusciranno a distinguersi e a primeggiare coloro che useranno i nuovi strumenti solo per quanto (strettamente) necessario e ad applicarsi la disciplina dell'esercizio quotidiano.

    Bella pagina, grazie.
    Un caro saluto.

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  2. Salve UUiC, mi scusi per la tarda risposta ma aggiornando ormai raramente questo blog neppure penso a controllare la presenza di eventuali commenti...

    Grazie per i complimenti sempre graditi!

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