Parlando con una mia amica abbiamo affrontato un paio di argomenti apparentemente non correlati che mi hanno però portato a una riflessione interessante.
Siamo partiti dal detto “Nessuno è profeta in patria”.
Secondo me alla base di esso c'è una particolare forma d'invidia: a scuola, sul lavoro e comunque in ogni contesto sociale l'uomo tende a vedere se stesso in rapporto a coloro che conosce bene. In base a questa scala di valori personale giudica gli eventi che riguardano lui e la sua piccola società di riferimento. Ovvero si giudica se stessi confrontandoci con gli altri: ci si sente bassi solo se coloro che ci circondano sono più alti di noi; se invece sono tutti più bassi, allora ci sentiamo alti (*1)! Più vediamo gli altri pieni di difetti e, per contrasto, migliore diviene l'immagine di noi stessi.
Supponiamo quindi che un suo conoscente gli dimostri un inaspettato talento (non so: come cantante, cuoco, fotografo o che magari abbia un'idea per una nuova iniziativa etc), come pensate che verrà giudicato?
Il giudizio più probabile sarà un “bravo, ma non abbastanza”: cioè bravo per la nostra piccola comunità ma non abbastanza bravo da avere successo in un ambito più vasto: in altre parole la valutazione su tale conoscente, e quindi su se stesso, rimane inalterata.
Spesso magari tale giudizio è corretto ma, molte volte, è invece viziato da un pregiudizio inconscio: se il nostro uomo ammettesse al conoscente che il suo talento è effettivamente fuori dalla norma allora dovrebbe anche parzialmente rivedere la propria immagine di se stesso nei confronti dell'altro: perché uno dei suoi termini di paragone sarebbe risultato accresciuto con la conseguenza di sminuire se stesso.
Questo modo di pensare è comune a tutti ma in particolare la persona invidiosa (*2), per giustificare la propria invidia, deve ritenersi superiore o più meritevole del prossimo: nel suo caso quindi è particolarmente difficile ammettere i meriti di una sua propria conoscenza diretta.
Ovviamente questa valutazione di noi stessi rispetto agli altri possiamo crearcela solo con coloro con i quali abbiamo una lunga consuetudine: con gli sconosciuti non abbiamo invece questo pregiudizio inconscio e siamo più pronti a giudicare oggettivamente.
Per questo nessuno è profeta in patria ma può divenirlo all'“estero”...
Conclusione: no, io non ho assolutamente questo tipo di invidia: la mia superba opinione di me stesso è talmente alta che non ho problemi a riconoscere i meriti e le doti altrui. Anzi, proprio per scelta filosofica, cerco di incoraggiare il prossimo che chiede il mio parere poiché tanto già so che la maggioranza cercherà, magari ingiustamente, di scoraggiarlo...
Nota (*1): A me è veramente successo! In Olanda, dove l'altezza media è fra le più alte del mondo, mi ero abituato a vedere quasi tutte le persone più alte di me: un giorno tornai in vacanza in Italia e, ero a una piccola stazione, mi resi conto che la dozzina di persone in attesa erano più basse di me! Mi sentii altissimo!
Nota (*2): E magari nell'invidioso può subentrare anche un secondo elemento: la paura che il conoscente abbia poi realmente successo! E per questo, per non correre “rischi”, tende a dissuaderlo preventivamente dal tentare di dimostrare questo suo talento o qualità...
Il ritorno del gladiatore
6 ore fa
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