Qualche giorno fa ho iniziato a scrivere un pezzo, completandolo pure al 90%, ma poi non mi è sembrato più così degno di nota e ho lasciato perdere: dopo aver terminato la nuova versione dell'epitome sono in una fase di stanca e non ho molta voglia di scrivere...
Oggi però, mentre ero in macchina e stavo andando a fare la spesa, ho fatto delle riflessioni che sul momento mi sono parse interessanti: adesso in realtà mi sembrano un po' troppo autoreferenziali ma, dopo tutto, questo è un viario (che nella mia fantasia significa Virtuale dIARIO: v. anche
Italianismi) personale e quindi ci sta che ogni tanto vi finiscano anche dei monologhi interiori con i miei dubbi...
La riflessione odierna è nata da uno scambio epistolare avvenuto ieri: analizzando scherzosamente i sette vizi capitoli scrivevo a un amico che, sicuramente, il mio vizio principale è la superbia.
L'amico, piuttosto stupito, mi replicava che io non gli sembravo assolutamente superbo... e qui sarebbe toccato a me replicare ma non gli ho ancora riscritto...
Così oggi in macchina ripensavo alla mia superbia e al suo genere molto particolare.
È una superbia strana perché, paradossalmente, mi rende molto longanime (*1) nei confronti del prossimo.
Provo a descrivere le mie sensazioni (e sono consapevole che sono tali e quindi, potenzialmente, erronee): mi sento circondato da bambini non troppo svegli che capiscono un decimo di ciò che dico e faccio; anche chi mi apprezza non lo fa con la giusta consapevolezza dei miei meriti ma comunque mi sottostima. Ma sono talmente abituato a queste sensazioni che, non solo non mi turbano, ma non ci faccio neppure caso. Immaginatevi di andare a tenere un discorso in una classe delle elementari: voi dite qualcosa di molto arguto e intelligente ma i bambini, magari distratti da un aeroplanino, non solo non apprezzano le vostre sottigliezze ma neppure vi ascoltano. Vi arrabbiereste forse con i bambini? Che colpa ne hanno se avete espresso dei concetti che non arrivano a comprendere?
Ecco: io sono tollerante con il prossimo non perché ne rispetti l'intelligenza ma perché do per scontato di aver a che fare con un cretino! Questa è la mia superbia... (*2)
In effetti, me ne rendo conto adesso, la prima cosa che faccio quando parlo con qualcuno, è cercare di comprendere “quanto capisca” in maniera da adattarmi per poterci interagire più facilmente (*3).
La riflessione di oggi era semplicemente la domanda “E se mi sbagliassi?”. E se io fossi molto meno sveglio e intelligente di quanto non creda? Dopotutto molte ricerche psicologiche spiegano che, in genere, chi si crede più intelligente della media è invece più stupido mentre, proprio chi è più intelligente, avendo molti più dubbi e remore, non se ne rende conto.
Allora mi sono fatto un rapido riassunto mentale dei “dati” a mia disposizione.
Ho ripensato a quando piccolissimo: a 2-3 anni il babbo aveva comprato un libro con un esame per valutare l'intelligenza dei bambini che ancora non sapevano leggere. Io però percepii che si trattava di un qualcosa per “misurarmi” e non volli farlo, forse per paura di deluderlo.
A circa 8 anni quando, dopo i primi anni molto incerti, iniziai ad andare bene a scuola ricordo una discussione fra i miei genitori (io ero in un'altra stanza) la mamma diceva che dalla pagella risultava che io fossi “super dotato” mentre mio padre diceva che al massimo ero “dotato”.
Alle medie (*4) iniziò la mia personale rivolta contro la stupidità dei miei insegnanti: smisi di aprire libro e iniziai ad andare relativamente male (anche perché mi ero preso di punta con la severissima e influentissima professoressa di inglese e vice preside!).
A liceo e università bene e male: davvero sarebbe troppo lungo spiegare i pro e contro di ciò che influenzò il mio rendimento e, comunque, l'ho già scritto altrove (*4).
C'è anche da menzionare un fenomeno curioso: durante tutta la mia “carriera” scolastica, università compresa, tutto quello che mi veniva spiegato l'avevo già intuito. Tranne rarissime eccezioni mi è sempre sembrato tutto logico e conseguente, per molti versi banale. Sapevo già dove voleva arrivare l'insegnante quando iniziava a dire “Attenti a...” perché avevo già compreso non solo quanto spiegato ma anche le sue conseguenze: mi era quindi banale rispondere a eventuali domande di comprensione (*5). Non ho idea se questa sensazione sia comune e cosa possa significare (*6): di certo quando dico che la mia intuizione è superiore alla mia intelligenza non scherzo...
In quegli anni comunque avevo un'ottima opinione di me stesso ma non sapevo come raffrontarmi al “resto del mondo”. Davo però per scontato che ci fossero tante persone più intelligenti e in gamba di me. A casa mia madre mi esaltava e stravedeva per me mentre il babbo era molto più critico (*7). Ero nella fase in cui, secondo gli psicologhi, le persone intelligenti combattano con i loro dubbi e incertezze finendo per sottovalutare le proprie capacità.
Ah, poi finita (faticosamente!) l'università feci l'esame del Mensa, essenzialmente per avere qualcosa da aggiungere nella sezione “Club e attività” del modello di Word per i CV!
Il risultato non fu particolarmente negativo ma io tendo a vergognarmene sempre un po' e raramente ne parlo: comunque ci scrissi il pezzo
La solitudine del pamviro...
Però il mio cambiamento di prospettiva avvenne un po' dopo quando mi capitò di lavorare qualche anno come consulente esterno all'ESA (l'Agenzia Spaziale Europea) in Olanda.
Da sempre mi ero immaginato che solo le persone più eccezionali e dotate vi lavorassero tanto che non avevo mai neppure aspirato a entrare a farne parte!
Lavorandoci però dall'interno mi resi conto che questi miei colleghi erano tutt'altro che fenomenali: intendo di un'intelligenza che, dal mio punto di vista, valutavo marginalmente sopra la media e, anzi, con una percentuale significativa degli onnipresenti idioti. Giustamente mi hanno fatto notare che io lavoravo in una sezione amministrativa e che quelle tecnico/scientifiche sono di un altro spessore. Suppongo che sia vero ma se il buon giorno si vede dal mattino...
Ecco è più o meno da allora che, potendomi confrontare con il “top”, e trovandolo deludente, ho preso consapevolezza delle mie capacità. E la mia superbia, in realtà sempre presente, da, diciamo “personale” è divenuta più assoluta.
E quindi? Qual è la mia conclusione?
Non credo ci possa essere una risposta ben motivata logicamente e, tutto sommato, non mi interessa neppure cercarla. Ho una consapevolezza (v.
La montagna dell'albagia) e questa mi basta e non mi va di sprecare energie per scoprire qualcosa che, alla fine, comunque non mi cambierebbe niente...
Conclusione: trovo particolarmente vero l'evangelico “nessuno è profeta in patria”... e quindi per apprezzarmi servirebbero gli extraterrestri!
Nota (*1): comprensivo, tollerante e paziente...
Nota (*2): e quando giocavo a scacchi questa mia superbia era particolarmente evidente, direi quasi comicamente. Negli scacchi non si deve calcolare solo le proprie mosse ma anche le migliori che il nostro avversario potrebbe giocare. Quando l'avversario fa qualcosa che non abbiamo previsto allora deve suonare un campanello d'allarme perché i casi sono due: 1. non ha giocato la mossa migliore e quindi, forse, c'è la maniera per incrementare il nostro vantaggio; 2. ci era sfuggita la mossa migliore che, invece, è stata trovata e giocata dal nostro avversario.
Io ero sempre sicuro, assolutamente certo, di essere sempre nel caso 1. Non avete idea di quante partite io abbia perso sottovalutando in questo modo il mio avversario... Decisamente la cosa non depone a mio favore!
Nota (*3): in un altro pezzo, forse quelli sulla scuola media, mi pare di aver anche raccontato di quanto fossi bravo a manipolare il prossimo e di come abbia improvvisamente smesso ritenendolo immorale.
Nota (*4): sulla mia “carriera” scolastica ho scritto una nutrita serie di pezzi ma non mi va di cercarli: chi è interessato può usare i marcatori “elementari”, “medie”, “liceo” e “università” per ottenere la lista dei relativi pezzi...
Nota (*5): della fastidiosa regola che mi ero autoimposto di contare (lentamente) fino a tre per dar modo di rispondere anche ai miei compagni ho già scritto...
Nota (*6): ad esempio, ai tempi del liceo, la ritenni una conferma dell'esistenza dell'iperuranio di Platone, il mondo delle idee, al quale “evidentemente” ero particolarmente collegato...
Nota (*7): e, mentre ritenevo l'opinione di mia madre ininfluente, probabilmente quella di mio padre mi pesava molto di più...