Una delle poche serie che guardo, che mi piacciono (e che non hanno interrotto immediatamente dopo la prima stagione!) è “House of Cards” (HoC).
Si tratta di una serie dove il protagonista, Underwood qualcosa, è un politico americano cinico, scaltro e completamente privo di morale: nelle precedenti tre stagioni è riuscito a diventare prima vicepresidente e poi presidente quando quello in carica si è dimesso a causa delle sue macchinazioni. Nell'ultima stagione, la quarta, Underwood cerca di essere rieletto presidente degli USA: per adesso è sopravvissuto a un attentato e, soprattutto, a un pericoloso dissidio con la moglie.
Mi piace perché mostra la verità: non tutta ma almeno parte di essa, e questo è già qualcosa...
Mostra l'indifferenza della politica per gli interessi dei cittadini, considerati solo come pecore da manipolare nel periodo elettorale. La democrazia è vista come una formula vuota per mantenere il potere. Mi piace perché mostra l'ingiustizia, ovvero Underwood, che trionfa: la favola che la verità venga sempre a galla e che il bene trionfi sono infatti solo illusioni e questa serie ha il pregio di ricordarcelo.
Ciò che non viene mostrato, se vogliamo la parte “falsa”, è il vero peso politico delle lobbi: nella serie ci sono e portano avanti i propri interessi ma, in definitiva vengono mostrate subordinate al potere politico.
Come i miei lettori sanno la mia opinione è invece che il peso dei gruppi di interesse, cioè dei poteri forti, sia molto maggiore (soprattutto negli ultimi vent'anni con l'ascesa delle multinazionali), con buona parte dell'agenda politica dettata proprio da essi...
La puntata che ho visto oggi ha però evidenziato un altro tema che mi sta molto a cuore: l'uso e l'abuso dei dati raccolti in rete per scopi non leciti.
In passato io stesso ho sollevato l'argomento, specialmente in riferimento alle reti sociali come FB o Twitter. Nei miei pezzi facevo degli esempi di come certi dati personali, una volta registrati e inseriti in una banca dati, potessero venire abusati in ambito politico per manipolare le elezioni.
In Accertamento inutile (marzo 2011) scrissi: «Le nostre autorità sono ben consce della totale inutilità dell'usare Facebook per fare accertamenti fiscali. Quello che in realtà vogliono ottenere è un database che schedi i gusti e le idee di tutti gli italiani. Ovviamente l'accesso e l'utilizzo di questi dati, raccolti per fini ben diversi da quelli indicati, sarebbe poi utilizzato solo dalla polizia dopo la specifica autorizzazione di un tribunale. Ma sappiamo tutti come è l'Italia: basta che un potente faccia una telefonata alla persona giusta e, in barba a regole, leggi e leggine, i dati cercati sarebbero prontamente spediti al richiedente... Se poi la notizia che questi dati vengono usati e conservati per altri motivi “non fiscali” dovesse divenire pubblica, le autorità saranno pronte ad agitare lo spauracchio della lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata.
Io immagino un uso semi-inoffensivo di queste informazioni: tipo pubblicità politica pre elettorale, mirata in base ai “mi piace” questo o quel politico/partito. Però, senza troppa fantasia, è facile pensarne un uso, anzi un abuso, ben più pericoloso...»
Gli sceneggiatori di HoC hanno escogitato qualcosa di simile: un candidato alla presidenza, rivale di Underwood, collabora con il proprietario di un piccolo motore di ricerca: piccolo ma sufficiente ad avere un'idea ben precisa, statisticamente significativa, delle ricerche effettuate dagli americani e, di conseguenza, di cosa stiano pensando e di cosa siano preoccupati. Il candidato alla presidenza che usa tali dati ottiene un grande vantaggio grazie a essi: gli sceneggiatori mostrano questo fattore come addirittura decisivo (e forse non sbagliano).
Ma il cattivone, Underwood, non sta a guardare e, anzi, si prepare a sfruttare con un pretesto i dati della NSA ottenendo in pratica l'accesso ai calcolatori, telefonini e simili di tutti i cittadini americani (e volendo del resto del mondo).
Sono contento che HoC abbia sollevato il problema: è difficile spiegare (ma anche immaginarsi!) quali siano i pericoli degli abusi della riservatezza che l'informatica mette a disposizione del sistema perché si tratta di possibilità nuove e ancora non esplorate.
È facile puntare il dito contro un'organizzazione che sfoggia svastiche: tutti sanno cosa ciò significhi e conoscono la storia quel poco che basta a capire che l'intolleranza sottintesa da tale vessillo non porterà a niente di buono.
Molto più difficile far capire invece la portata di un pericolo ancora sconosciuto. Si tratta di scenari che le persone comuni faticano a immaginare e, proprio per questo, è più facile che nel disinteresse generale si concretizzino: solo quando sarà troppo tardi, quando scoppierà uno scandalo e il danno sarà fatto, si proverà a porvi rimedio. È come con le malattie: per alcune, già avute in passato, abbiamo sviluppato degli anticorpi che ci danno almeno una certa resistenza a esse; a quelle nuove invece siamo vulnerabili.
L'invasione della riservatezza individuale da parte dell'autorità non è il solo pericolo invisibile di cui la massa della popolazione non si rende conto. Ce ne sono molti altri: la degenerazione della democrazia sempre più in balia dei poteri forti è forse il più grave perché rende più facili e abusabili tutti gli altri. Ma poi ci sono anche il trattato liberticida TTIP (e simili), la schedatura genetica (orrori inimmaginabili), il controllo delle sementa targato Monsanto (carestie, malattie) o le telecamere di videosorveglianza (a causa delle tecniche di riconoscimento facciale sempre più efficaci)...
In molti di questi casi la tecnologia è la fonte di pericolo a causa delle novità (verso cui non siamo “vaccinati”) che porta con sé. La politica (forse) e i cittadini (ingenuamente) infatti non si rendono conto che non necessariamente ciò che è tecnicamente possibile sia anche moralmente lecito.
Conclusione: consiglio a tutti la visione di HoC perché mostra il lato nascosto della democrazia, un volto ipocrita, arrogante e squallido. Ma non dimenticate che la realtà è ancora peggiore!
Il ritorno del gladiatore
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