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mercoledì 2 dicembre 2020

Il pensiero unico

[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.7.0 "Trampata").

La premessa a questo pezzo, per chi fosse interessato, è in Premessa al pensiero unico; qui di seguito darò quindi direttamente la mia opinione su tale fenomeno.
Inoltre, siccome l’idea è che questo articolo serva da bozza per un nuovo sottocapitolo dell’Epitome, i riferimenti alla mia “opera” saranno più numerosi del solito...

Con “pensiero unico” (di seguito PU) intendo una teoria/idea/principio della maggioranza della popolazione che abbia le seguenti caratteristiche:
1. un’asimmetria nei numeri: una grande maggioranza contrapposta a una minoranza ("pensiero minoritario"); 2. un’asimmetria nei mezzi: con autorità e media schierati, quasi tutti, dalla parte più forte; 3. il rifiuto del dialogo per tentare di arrivare a una sintesi comune; 4. collegato al punto precedente: la certezza della maggioranza di possedere la completa verità e di avere quindi il diritto di imporla alla minoranza che la pensa diversamente perché chiaramente in errore.

Questo fenomeno, che nella mia personalissima definizione ho chiamato PU, esiste? Gli esempi quotidiani sono molteplici e spaziano nelle tematiche più diverse: sociali, economiche, sanitarie etc.

È evidente che il PU presenta degli aspetti di irrazionalità (nei punti 3 e 4) che lo hanno portato alla mia attenzione: se infatti la maggioranza è così sicura delle proprie ragioni perché, invece di sfuggire il confronto con la minoranza, non ne smonta “pezzo per pezzo” le teorie?
Un mistero è solamente un fenomeno logico che al momento non sappiamo spiegare. Ma proprio per questo è importante cercare di capirlo: la sua comprensione ci permetterà, in prospettiva, di arrivare a una migliore comprensione della nostra realtà quotidiana.

La prima domanda che mi sono posto è se il PU sia sempre esistito oppure se è un fenomeno solo moderno o anche solo attuale.
Abbiamo esempi del passato in cui vi sia la particolare contrapposizione di idee nella società con le quattro caratteristiche che ho indicato? Non sono uno storico (e dubito comunque che vi siano molte fonti che indichino quali fossero, nell’antichità, le opinioni della popolazione su specifici argomenti) ma al momento non mi viene in mente niente del genere.
Il punto che mi pare fondamentale è che queste discussioni su argomenti astratti richiedono una comprensione ottenibile solo con un livello minimo di cultura e il tempo (e quindi il benessere materiale) necessario per affrontarli. Ma anche la cultura dipende dalla ricchezza e nel passato solo i gruppi sociali più ricchi potevano permettersela. Ho letto che nella Costantinopoli imperiale “perfino le donne” discutevano fra loro della natura dell'ipostasi come ora parlano di “tessuti e ricette” ma non credo che con ciò si comprendesse anche le contadine a lavoro nei campi.

Certo anche il popolo aveva le sue opinioni e credenze ma probabilmente tendeva a interessarsi delle problematiche più concrete e quotidiane: la religione e il potere politico, seppure lentamente, potevano influenzarle e col tempo cambiarle ([E] 10.1).
Il popolo non poteva contrapporre una sua propria voce e, al massimo, poteva opporre una resistenza solo passiva alle nuove idee: ovvero il singolo poteva rimanere aggrappato alle proprie tradizioni ma difficilmente le avrebbe potute diffondere al di fuori della propria famiglia. Nel tempo, col passare delle generazioni, religione e potere potevano così plasmare la cultura popolare.

A questo aspetto di trasformazione culturale contribuiscono vari fattori psicologici ([E] 1): la tendenza dell’uomo comune a imitare i potenti (e quindi a farne propri anche i protomiti ritenuti salienti), l’ubbidienza all’autorità, l’istinto di gregge (*1).
Il limite dell’anti-resipiscenza poi rende all’uomo difficile staccarsi da quelle convinzioni nelle quali ha investito energie fisiche, mentali o emotive perché tali idee, se ne hanno condizionato scelte e azioni, finiscono per fondersi con la sua personalità. Ripudiare tali idee comporterebbe la necessità di ricostruirsi e poche persone hanno la forza e la volontà di compiere questo sacrificio.

Mi vengono in mente due massime: una antica e l’altra molto più recente…
«Pochi uomini desiderano la libertà; la maggior parte si accontenterebbe di un padrone giusto.» - Sallustio
«La gente non sa cosa desidera fino a quando non glielo si fornisce.» - Steve Jobs (*2)

L’elemento comune di queste due massime è che entrambe evidenziano come la popolazione sia facilmente influenzabile e controllabile.

La mia conclusione è che nell’antichità non esisteva il PU così come l’ho definito ma vi era solo una metà di esso: l’opinione dell’autorità (comunque dei parapoteri) che passava, pur con i limiti di comunicazione del tempo, alla popolazione che l’assorbiva passivamente.
Si tratta di quella che ho definito essere comunicazione P→D ([E] 10) e il suo scopo è principalmente quello di creare, sostenere e rafforzare gli equimiti ([E] 7.1) necessari a mantenere la stabilità della società.

Passando all’epoca attuale, da quanto già scritto, sono evidenti numerose differenze col passato non solo antico ma anche moderno. I nuovi fattori in gioco sono i seguenti:
1. L’istruzione di massa è diffusa (*3): l’uomo comune è capace quindi di intendere, almeno a grandi linee, questioni più astratte.
2. L’uomo comune non rischia (per adesso!) di morire di fame e può quindi dedicare la propria attenzione anche ad altro.
3. L’evoluzione tecnologica fornisce strumenti (media tradizionali e non) che moltiplicano le potenzialità dell’eterodirezione (comunicazione P→D).
4. I messaggi “scientifici” hanno sostituito quelli religiosi come argomenti per convincere la popolazione della bontà di un’idea (*4).
5. La prima e seconda globalizzazione ([E] 12.3 e 12.4) hanno portato a una maggiore uniformità dei principi e, contemporaneamente, all’ascesa dei parapoteri economici.
6. Sempre il progresso tecnologico ha messo a disposizione della popolazione forme di comunicazione D→D in passato non disponibili.

Mi pare quindi chiaro ciò che sta avvenendo.
Dall’epoca moderna in poi i parapoteri economici hanno iniziato a sfruttare a proprio vantaggio la comunicazione di massa (la pubblicità). Più recentemente, con la seconda globalizzazione, gli stessi parapoteri economici sono in grado di influenzare direttamente anche il parapotere politico.
Questo porta ad accordi fra parapoteri ([E] 5.6) economico e politico che vanno a discapito ([E] 5.7) della democratastenia ([E] 4.3), ovvero della popolazione comune.
Contemporaneamente però oggi l’uomo comune ha la possibilità (*5) di condividere le proprie opinioni ad altre persone con esperienze simili: pensieri minoritari si possono così aggregare insieme e, seppur sostanzialmente senza mezzi, opporsi al PU.

È quindi adesso possibile rileggere i quattro punti che caratterizzano il PU alla luce dei nuovi elementi raccolti:
1. un’asimmetria nei numeri: una grande maggioranza contrapposta a una (o più?) minoranze;
2. un’asimmetria nei mezzi: con autorità e media schierati, quasi tutti, dalla parte più forte;

Adesso è ovvio perché l’autorità (il parapotere politico) e i media (controllati dai parapoteri economici) stanno dalla parte del PU: hanno un accordo.
La maggioranza della popolazione, quando non si sente direttamente coinvolta dalla discussione, tende a seguire l’opinione della maggioranza per i motivi psicologici precedentemente illustrati.
Il pensiero minoritario, al contrario, rappresenta per la maggior parte quello degli individui che sono, o almeno si sentono, “vittime” del volere dell’autorità.

3. il rifiuto del dialogo per tentare di arrivare a una sintesi comune;

Anche questo aspetto adesso è facilmente spiegabile: il PU è frutto di un accordo vantaggioso fra parapoteri e questo a danno della democratastenia o parte di essa.
È ovvio che da un confronto serio emergerebbe che le ragioni della maggioranza sono speciose o, almeno, non abbastanza forti da giustificare imposizioni a chi la pensi diversamente.

4. collegato al punto precedente: la certezza della maggioranza di possedere la completa verità e di avere quindi il diritto di imporla alla minoranza che la pensa diversamente perché chiaramente in errore.

In questo la “certezza” è solo apparente e ipocrita. Al contrario il PU ha la certezza di non avere la certezza che afferma di possedere! Per questo evita il dibattito.

Questo è un risultato sconfortante: il PU ha spesso torto e, chi lo guida (*6), sa di averlo.
Come può fare il comune cittadino a rendersi conto se un certo PU è effettivamente dannoso per la popolazione?
Quando vi è il rifiuto di un confronto reale (punto 3) è bene essere sospettosi: la prova del nove è poi la presenza di un interesse economico: se la decisione propugnata dal PU genera un forte vantaggio economico a favore di uno specifico parapotere ecco che allora è probabile che esso vada a svantaggio della popolazione.
Anzi direi che questo fattore potrebbe essere un quinto punto per definire il PU: un particolare tipo di PU teso a promuovere non semplici equimiti (come accadeva nell’antichità e in epoca moderna) ma dei protomiti la cui estrema conseguenza (se per esempio portano a particolari leggi od obblighi) è un vantaggio per uno specifico parapotere economico a scapito della democratastenia.

Conclusione: pezzo lunghetto ma non mi andava di spezzarlo in più parti...

Nota (*1): Una delle necessità fondamentali dell’uomo è la sicurezza che non è solo fisica ma anche psicologica: l’uomo vuole costantemente essere rassicurato di essere nel giusto. La maniera più semplice di raggiungere questo secondo obiettivo è omologarsi all’opinione comune e seguirne l’esempio.
Nota (*2): Mia parafrasi a memoria!
Nota (*3): In realtà l’istruzione attuale è di massa e sembra ispirarsi alle fabbriche per sfornare, invece di prodotti, cittadini ubbidienti (condizionati a rispettare le regole e lo status quo della società, comprese le sue ingiustizie) e lavoratori in grado di utilizzare macchinari sempre più complessi. In realtà l’istruzione attuale è antitetica a quella antica dove si mirava invece (penso al concetto di “paideia”) a una percorso formativo mirante a ottenere individui autonomi. Oggi si vogliono ottenere sudditi, nell’antichità uomini liberi (e per questo l’istruzione era per pochi privilegiati!).
Nota (*4): sul rapporto fra religione e scienza rimando a [E] 9.2 e, sull’uso strumentale di quest’ultima, a [E] 9.3
Nota (*5): già in epoca moderna l’uomo aveva la possibilità di riflettere su tematiche che andavano oltre la sopravvivenza immediata ma era enormemente più difficile che emergesse un’aggregazione attiva caratterizzata da specifiche idee se, per esempio, la tematica non era raccolta da una forza politica che la faceva propria.
Nota (*6): per completezza/correttezza avrei dovuto distinguere fra la maggioranza della popolazione, che in buona fede accetta passivamente il PU, e la ristretta minoranza, ovvero i membri dei parapoteri, che lo promuovono e cercano di imporlo per vantaggio personale.

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